Magnus aveva fatto uno strano sogno, non ricordava i dettagli ma era stato piacevole, almeno fino ad un certo punto, poi era finito in tragedia.. ma i ricordi si facevano sempre più confusi..
“Magnus, Santo Cielo! Stai ancora a letto? La prima volta in millenni che il Clave chiede un incontro con i Nascosti e tu te la dormi?” La voce stentorea di Ragnor rimbomba per tutta la stanza, Magnus salta giù dal letto come un pupazzetto caricato a molla.
“Ragnor, ma non eri morto? Che ci fai in camera mia?” Lo sguardo di Magnus passa dal viso dell’amico, alla stanza, si sofferma sui mobili vittoriani, la specchiera impreziosita di intagli, gli armadi, le poltrone, i tendaggi di broccato e la vista che si intravede oltre le finestre.. qualcosa non quadra, è il primo pensiero che sfiora la mente dello stregone, perché vedo il Big Ben dalla mia finestra situata a New York? Ma così come si è presentato, il pensiero, repentinamente, si dissolve.
“Il fatto che ieri sera ti sia bevuto l’intera cantina di Whitechapel, non ti scusa, anche se sappiamo entrambi che ogni osteria, pub e locale di quel quartiere ha scorte di alcolici illimitate.” Un, giustamente, adirato Ragnor, risponde con enfasi.
“Perdonami, amico mio, forse ieri ho davvero esagerato ed oggi ne pago le conseguenze, anche gli stregoni hanno un limite massimo di tolleranza all’alcol, a quanto pare.” Un contrito Magnus, verso l’amico di sempre.
“Vestiti e andiamo, i nephilim non sono gli esseri più pazienti di questa Terra.” Conclude Ragnor.
Il portale si apre in un vicolo, Alec è determinato a riavere il suo amato ad ogni costo, ma come poggia un piede sull’acciottolato, i pensieri scivolano velocemente fuori dalla sua mente, così come i ricordi, i sentimenti, tutto viene cancellato e rimpiazzato da nuovi pensieri, ricordi, sentimenti.
Asmodeus assiste imperturbabile allo svolgersi delle due scene, Magnus e Ragnor nell’appartamento e Alec nel vicolo, dalla finestra demoniaca aperta sulla Terra, vede ogni cosa, alle sue spalle, il demone che lo serve da millenni gli domanda:
“Mio Principe, avete fatto ciò che era in vostro potere, ora sta a loro, se sono davvero destinati, nulla potrà tenerli lontani, si ritroveranno anche se non sanno di conoscersi e di amarsi, non credete?”
Il Demone Superiore, senza voltarsi, risponde:
“Un Principe degli Inferi non teme il destino, un Principe degli Inferi non riconosce il destino, un Principe degli Inferi non affida speranze e risoluzioni nelle mani di un nephilim e, seppur potente, del proprio figlio stregone, un Principe degli Inferi agisce.”
La sede del Clave di Londra è in fermento, non c’era mai stato un incontro fra nephilim e Nascosti, il sistema di sicurezza andava incrementato, non ci si poteva fidare dei Nascosti, era il pensiero comune all’interno dell’Istituto.
Magnus e Ragnor giungono alla porta della Chiesa sconsacrata che maschera l’ingresso all’Istituto di Londra. Rimangono in attesa, sanno perfettamente di essere osservati da ogni direzione, sanno che è meglio non fare movimenti improvvisi, meglio non grattarsi il naso, giusto per stare tranquilli, i nephilim, oltre a non avere pazienza, non sono universalmente noti per i loro riflessi lenti, meglio tenersi il prurito che rischiare di perdere l’intera testa, è il pensiero che sfiora Ragnor.
Il vecchio portone scompare, la sede del Clave appare in tutto il suo splendore, quattro guardie armate si portano alle spalle dei due stregoni e li scortano all’interno.
“Magnus, non ci pensare proprio!” bisbiglia Ragnor all’amico.
“Non so a cosa ti riferisca, Ragnor, non pensavo di fare alcunché.”
“E quelle scintille che escono dalle tue dita a cosa dovrebbero servire?”
Magnus abbassa lo sguardo e vede le proprie mani scintillare, non ha modo di controllarle, non gli è mai successo prima, un flusso di magia fuoriesce, colpendo due delle guardie, facendo apparire i loro veri volti di demoni. Le due guardie rimaste, non riescono a fare un passo, un nephilim, apparso quasi dal nulla, li finisce con due fendenti a testa.
Magnus non riesce a levare lo sguardo dal nuovo arrivato, non solo perché è davvero bellissimo, ma perché gli sembra di conoscerlo da sempre, anche se non è così, come puo’ essersi dimenticato di quel viso, di quegli occhi?
“Ottimi riflessi, cosa li ha traditi?” domanda il nephilim a Magnus.
“Chi sei tu?” chiede Magnus, ignorando il quesito, che francamente si è posto da solo, senza trovare risposta.
“E poi dicono a me di essere brusco” borbotta il nephilim.
Magnus distoglie, con difficoltà, lo sguardo dal bel volto del giovane, altri nephilim accorrono, nella confusione generale, l’apparire di una figura ammantata di autorità, riporta tutti alla calma. Il nuovo arrivato è alto, con lunghi capelli candidi e due occhi blu da far invidia ad una notte senza nubi.
“Del fatto che quattro demoni siano riusciti ad infiltrarsi nel nostro Istituto, parleremo dopo, ora occupiamoci dei nostri ospiti.” Esordisce con voce calma ma ferma.
“Voi dovete essere il famigerato Magnus, ho sentito parlare molto di voi e delle vostre imprese. Mi presento, sono Edward Black, capo dell’Istituto di Londra, mi scuso ancora per l’imperdonabile benvenuto ricevuto.” Pur rivolgendosi con apparente cordialità, l’uomo non porge la mano allo stregone, né degna di uno sguardo Ragnor.
“Mi onorate con le vostre cordiali parole.” Un sardonico Magnus in risposta.
“Permettete di presentarvi il mio collega ed amico Ragnor.” Aggiunge con un sorrisetto di scherno. “Sono certo che vi abbiano parlato molto anche di lui e delle sue imprese.”
Per la manciata di secondi in cui questi convenevoli si svolgono, Ragnor non smette di pensare che l’idea di accettare l’invito del Clave non è stata una delle sue migliori, sente puzza di guai, con la G maiuscola.
Edward, volge lo sguardo verso il giovane nephilim che non ha ancora detto una parola.
“Non credo di conoscervi, fate parte della delegazione giunta da Madrid?”
“No, arrivo da New York, sono Alexander Lightwood, forse conoscete mio zio Gideon, è stato lui a convocarmi, non me ne ha spiegato il motivo, ma, in famiglia, ci aiutiamo senza porre domande.”
Magnus incassa con dispiacere la notizia che, il bel giovane, su cui, ammettiamolo, aveva fatto un pensierino, è un membro della famiglia Lightwood. Sangue angelico nelle vene, una famiglia con cui è meglio non avere a che fare.. tutte ragioni per non dare corso a qualcosa destinato a finire in tragedia.
Alexander ha sentito su di se lo sguardo di Magnus, solitamente non lascia che qualcosa lo distolga dal proprio dovere, ma quegli occhi dorati lo sconvolgono nel profondo, e, assai più grave, non gli piace che, al sentire il proprio nome, lo sguardo sia scivolato via, come se essere un Lightwood lo avesse reso ripugnante.
Fine seconda parte.