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    Neoclassicismo

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    Messaggio Da APUMA Mar Giu 23, 2015 8:47 am

    Neoclassicismo

    « Il Neoclassicismo è una corrente del gusto che ha subito una lunga elaborazione teorica prima di nascere completamente nella breve e intensa fioritura dello stile Impero, dopodiché è piano piano scomparso sotto l'azione dei fermenti romantici che recava in sé fin dalle origini »
    (Mario Praz)

    Neoclassicismo è il nome dato ad una tendenza culturale sviluppatasi in Europa tra il XVIII ed il XIX secolo. Il neoclassicismo fu variamente caratterizzato ma ben riconoscibile nelle varie arti, nella letteratura, in campo teatrale, musicale e nell'architettura e arti visive.

    Il neoclassicismo nacque come reazione al tardo barocco e al Rococò; come dice il termine esso fu caratterizzato da uno sviluppato interesse per l'arte antica, in particolar modo verso quella greco-romana. Fondamentale fu il contributo dell'archeologo, storico dell'arte Johann Joachim Winckelmann e del pittore e storico dell'arte Anton Raphael Mengs. Inoltre, grande influenza nello sviluppo dello stile Neoclassico ebbero gli scavi di Pompei, avviati intorno al 1740 da Carlo di Borbone, re di Napoli, che ispirarono tra gli altri Luigi Vanvitelli.

    Architettura e arti visive
    Nell'architettura e le arti visive, il primo movimento in cui si individua un'aspirazione neoclassica è quello dello stile Neo-attico che fu distinto dall'archeologo e storico dell'arte Friedrich Hauser nel 1889 nella sua pubblicazione "La scultura Neoattica" ("Die Neuattische reliefs"). Hauser conia il termine "Neo-attico" per identificare una reazione contro le stravaganze barocche dell'arte ellenistica.

    Un'importanza sempre maggiore in questi anni viene assunta dal problema urbanistico, in relazione alla crescita delle città. Anche l'architettura degli edifici di Napoli rifletté ampiamente l'influenza esercitata dalle scoperte archeologiche. L'esempio più conosciuto a tal proposito è la Basilica di San Francesco di Paola, considerata l'esempio italiano più importante di chiesa neoclassica. Ogni "neo-classicismo" seleziona determinati modelli all'interno di una gamma di possibili "classici" e ignora tutti gli altri. Tra i Neoclassici del 1765-1830, in particolare gli scultori si rivolgevano a un ideale fidiaco, anche se in realtà le opere prodotte si avvicinano di più alle copie romane della scultura ellenistica, ignorando la scultura greca arcaica.[senza fonte]

    Anche le antiche pitture greche erano perdute, ma l'immaginazione dei neoclassicisti settecenteschi la riportò in vita sia attraverso l'esempio della generazione di Raffaello ispiratasi alle grottesche affrescate nella Domus Aurea di Nerone, sia con la riscoperta di Nicolas Poussin ed i contemporanei scavi di Pompei.

    Il Neoclassicismo si diffuse in Francia grazie alla generazione di artisti che si recavano in Italia (a Napoli per esempio c'erano gli scavi di Pompei, molto apprezzata fu anche Ercolano) per studiare dal vero i reperti antichi, ma soprattutto fu influenzato dagli scritti di Johann Joachim Winckelmann.

    Una seconda ondata neoclassica, più severa e contenuta, è associata all'apice dell'impero di Napoleone, che in particolare in Francia si manifestò con lo stile "Luigi XVI", prima, e con lo stile "Impero", poi.

    L'apice della pittura neoclassica è rappresentato da Jacques-Louis David e Jean Auguste Dominique Ingres; Joseph-Marie Vien, maestro di Jacques-Louis David, è considerato dai suoi contemporanei come il «padre del neoclassicismo francese», ancora quello del Vien è un neoclassicismo timido; nell'ambito della scultura si ricordano invece Antonio Canova, Luigi Acquisti e Bertel Thorvaldsen.

    Copia e imitazione
    Avvicinare l'arte alla natura per l'artista neoclassico non significa riprodurre la realtà in modo naturalistico (fedele nei particolari), ma estrarne l'essenza, l'atteggiamento psicologico e mentale tipico dell'artista dell'età classica.
    Winkelmann, uno dei maggiori teorizzatori del Neoclassicismo, sosteneva che l'unico modo per divenire grandi e, se possibile, inimitabili, è di imitare gli antichi. Convinto che "il contrario del pensiero indipendente è la copia, non l'imitazione", egli non raccomandava di copiare fedelmente le figure antiche ed auspicava un ritorno allo spirito, non alla lettera della antichità.

    Gli esponenti principali
    Giovan Battista Piranesi e Johann Joachim Winckelmann sono i maggiori esponenti in arte del Neoclassicismo, due importanti teorici, rispettivamente sostenitori dell’arte romana e greca. Entrambi privilegiano l’imitazione dell’arte alla sterile copia. Nelle vedute romane di Piranesi si nota maggiormente lo spirito della Roma antica.

    I tesori scoperti ad Ercolano mostrarono che anche i più classici interni barocchi o le stanze romane di William Kent erano basati sulla struttura architettonica esterna del tempio e della basilica. Questo lo si può notare dalle dorature negli specchi dei frontoni delle finestre. In Italia, fra i più noti esponenti del Neoclassicismo figurativo compaiono anche: Antonio Canova, Luigi Acquisti e Cosimo Morelli per l'arte, per la poesia Ugo Foscolo.

    Gli interni
    Per quanto riguarda gli interni, il neoclassicismo scoprì il gusto per l'autentico arredamento classico, sulla scia delle scoperte effettuate a Pompei ed Ercolano, scavi iniziati verso la fine del decennio del 1740 ma la cui eco aveva raggiunto il grande pubblico solo nei decenni successivi, grazie anche alla pubblicazione dei primi lussuosi volumi (dal 1757 al 1792) della monumentale opera Le Antichità di Ercolano del Bayard. Le illustrazioni mostravano come anche gli interni più classicheggianti di epoca barocca, o le più romane tra le stanze realizzate da William Kent fossero basate sullo stile architettonico degli esterni di basiliche e templi, il che si traduceva in: cornici delle finestre munite di frontone, specchi dalle cornici dorate e caminetti sormontati da simil-frontali come quelli dei templi, tutte cose che ora sembrano eccessivamente pompose e piuttosto assurde. Il nuovo stile cercò di ricreare invece un vocabolario architettonico autenticamente romano, servendosi di motivi decorativi più piatti e meno pesanti, come fregi scolpiti a bassorilievo o dipinti in monocromia come dei piccoli quadretti, che rappresentavano medaglioni, vasi, busti, bucrani o altri motivi appesi a nastri o rami d'alloro, con snelli arabeschi come sfondo, realizzati in rosso pompeiano o altre tinte pastello, oppure con colori che imitavano quello delle pietre naturali.

    Questa moda in Francia, chiamata "goût Grèc", fu inizialmente appannaggio dei cittadini di Parigi, ma non fu accettata a corte; solo quando il paffuto giovane Re salì al trono nel 1774 permise a sua moglie Maria Antonietta, seguace delle mode, di introdurre lo stile Luigi XVI nei palazzi reali, ma soprattutto nel suo Petit Trianon.

    A partire dal 1800 l'apprezzamento per i modelli architettonici greci, diffusi per mezzo di stampe e incisioni, diede un nuovo impulso al movimento neoclassico, chiamato Revival greco. Il neoclassicismo continuò ad essere uno dei principali movimenti artistici per tutto il XIX secolo ed oltre — in costante contrapposizione con il Romanticismo e il movimento neogotico — anche se a partire dalla fine del XIX secolo è stato spesso considerato uno stile antimoderno o addirittura reazionario da importanti circoli di critici d'arte. Dalla metà del XIX secolo in avanti diverse città europee - in particolare San Pietroburgo e Monaco - furono sostanzialmente trasformate in veri musei dell'architettura neoclassica.

    Nell'architettura statunitense, il neoclassicismo fu una delle espressioni del movimento dell'American Renaissance (1890-1917 circa); la sua ultima manifestazione si ebbe nell'Architettura Beaux-Arts, i cui ultimi grandi progetti pubblici furono il Lincoln Memorial (molto criticato all'epoca della costruzione), la National Gallery of Art di Washington e il Roosevelt memorial presso l'American museum of natural history di New York. Con queste opere lo stile si era già avviato verso il declino e il progetto di città monumentale ideato per Nuova Delhi da Sir Edwin Lutyens rappresentò il glorioso viale del tramonto del neoclassicismo: ben presto la seconda guerra mondiale distrusse tutte le illusioni.

    Influenza negli stili architettonici moderni
    Nel frattempo, architetti modernisti moderati come Auguste Perret in Francia, mantennero i ritmi e le proporzioni dell'architettura colonnare persino nella costruzione di edifici industriali. Lì dove un colonnato sarebbe stato additato come reazionario, una serie di pannelli scanalati simili a pilastri sotto ad una fascia ornamentale ripetitiva apparivano come progressisti. Pablo Picasso fece alcuni esperimenti con motivi classicheggianti negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale e lo stile Art Deco, che ebbe il suo picco con l'Exposition des Arts Décoratifs di Parigi nel 1925, spesso si ispirò a motivi neoclassici senza però mostrarlo in maniera evidente. Vari ne sono gli esempi: i severi e robusti cassettoni di Émile-Jacques Ruhlmann o di Sue et Mare, i vestiti alla moda drappeggiati a ricordare le linee greche, la danza artistica di Isadora Duncan, gli uffici postali e i tribunali statunitensi costruiti in stile Streamline Moderno non più tardi degli anni cinquanta. Temi di tipo neoclassico si possono trovare anche nella Smith Tower di Seattle.

    Neoclassicismo letterario
    Il "neoclassicismo", in letteratura inglese, è associato con gli scrittori augustani del primo XVIII secolo, tutte eredità di John Dryden di Milton.
    Il maggiore dei poeti greco-latini da cui si ispirarono era Publio Virgilio Marone. I maggiori scrittori del periodo sono Daniel Defoe, Jonathan Swift, Alexander Pope.[senza fonte]
    In Francia, il neoclassicismo è tipico del teatro di Jean Racine, con i suoi versi bilanciati, limitatezza nelle emozioni, rifinimento nell'espressione, senza eccessi, la sua consistenza artistica, così che il tono tragico non era compensato da momenti di realismo o humor (come in Shakespeare), e la sua aderenza formale alle "unità classiche" riprese dalla Poetica di Aristotele.
    In Italia i più importanti esponenti della letteratura neoclassica furono Ludovico Savioli, Giuseppe Parini, Vincenzo Monti e Ugo Foscolo.

    Nel 1786, lo scrittore tedesco Goethe finì il suo periodo di Sturm und Drang con il suo Viaggio in Italia, le cui esperienze raccolte in volume nel 1817. In seguito, egli, come il suo collega Friedrich Schiller, emulò i temi e la sensibilità della tragedia greca in opere come Ifigenia in Tauride, le Elegie romane, e il Faust.
    Tuttavia per quanto riguarda Goethe, e tutto il movimento dello Sturm und Drang, è necessario precisare che le caratteristiche principali e fondanti - la sregolatezza, il genio, la furia compositiva e l'apparente mancanza di freni - sono propri del Romanticismo europeo. Temi neoclassici che dominano le opere del poeta tedesco Hölderlin.

    Alla metà del XVIII secolo gli scavi archeologici ad Ercolano e Pompei e gli studi archeologici di Winckelmann determinarono la diffusione di stampe riproducenti monumenti, sculture e pitture ritrovate in quella occasione. Grazie all'opera di Winckelmann si affermò un gusto per l'antichità vista come modello di armonia di proporzioni e perfezione (Winckelmann definì l'arte greca come sublime esempio di "nobile semplicità e serena grandezza"). Il modello neoclassico passò dalle arti figurative alla letteratura dove il gusto classicheggiante aveva imperato nella prima metà del secolo (basti pensare all'Accademia dell'Arcadia). Il poeta francese André Chénier scrisse che "sopra pensieri nuovi facciamo versi antichi". Viene affermato così il valore assoluto della Bellezza come supremo ideale dell'esistenza, e identificata nell'armonia mista alla grazia, espressa attraverso la serenità che nasce dal superamento delle passioni, l'equilibrio dei sentimenti, il rapporto preciso delle proporzioni. La patria ideale diventò la Grecia classica, sede di un comune patrimonio spirituale, terra sognata dove giungere per evadere da una realtà che spesso appariva deludente.

    Novecento: neoclassicismo tra le guerre
    Vi è stato nel XX secolo un intero movimento artistico denominato neoclassicismo. Esso includeva almeno la musica, la filosofia e la letteratura e si è sviluppato fra la fine della prima guerra mondiale e la fine della seconda. Vi è stato anche in questo periodo un "neoclassicimo semplificato" in architettura, che si è opposto al razionalismo. In Italia ciò è stato espresso dalle architetture di Marcello Piacentini.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mar Giu 23, 2015 9:02 am

    "Busto di Napoleone Bonaparte" di Antonio Canova
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    Messaggio Da APUMA Ven Giu 26, 2015 9:16 am

    "Leonida condanna Cleombroto" di Pelagio Palagi 1807-1810
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    Messaggio Da APUMA Ven Giu 26, 2015 2:12 pm

    Antonio Canova
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    Antonio Canova (1757-1822), è il maggior artista italiano ad aver partecipato alla vicenda del neoclassicismo ed è anche l’ultimo grande artista italiano di livello europeo. Dopo di lui, per tutto il corso del XIX secolo, l’Italia ha svolto un ruolo molto marginale e periferico nell’ambito della formulazione delle nuove teorie e pratiche artistiche.

    Formatosi in ambiente veneziano, le sue prime opere rivelano la influenza dello scultore barocco del Seicento Gian Lorenzo Bernini. Trasferitosi a Roma, partecipò al clima cosmopolita della capitale in cui si incontravano i maggiori protagonisti dell’arte neoclassica. A Roma svolse la maggior parte della sua attività, raggiungendo una fama immensa. Fu anche pittore, ma produsse opere di livello decisamente inferiore rispetto alle sue opere scultoree. Nelle sue sculture Canova, più di ogni altro, fece rivivere la bellezza delle antiche statue greche secondo i canoni che insegnava Winckelmann: «la nobile semplicità e la quieta grandezza».

    Le sculture di Canova sono realizzate in marmo bianco e con un modellato armonioso ed estremamente levigato. Si presentano come oggetti puri ed incontaminati secondo i principi del classicismo più puro: oggetti di una bellezza ideale, universale ed eterna. I soggetti delle sue sculture si dividono in due tipologie principali: le allegorie mitologiche e i monumenti funebri. Al primo gruppo appartengono: «Teseo sul Minotauro», «Amore e Psiche», «Ercole e Lica», «Le tre Grazie»; al secondo gruppo appartengono i monumenti funebri a Clemente XIV, a Clemente XIII, a Maria Cristina d’Austria.

    Nei monumenti di soggetto mitologico i riferimenti alle sculture greche classiche è scoperto ed immediato: le anatomie sono perfette, i gesti misurati, le psicologie sono assenti o silenziose, le composizioni molto equilibrate e statiche. Il momento scelto per la rappresentazione è quello classico del «momento pregnante», evidente ad esempio nel gruppo di «Teseo sul Minotauro». Canova, invece di rappresentare la lotta tra Teseo e l’essere metà uomo e metà toro, sceglie di rappresentare il momento in cui Teseo, dopo aver sconfitto il Minotauro, ha scaricato tutte le sue energie offensive per lasciar posto ad un vago senso di pietà per l’avversario ucciso. È un momento di quiete assoluta in cui il tempo si congela per sempre. È quello il momento in cui la storia diventa mito universale ed eterno.

    Nei monumenti funebri Canova parte dallo schema classico a tre piani sovrapposti. Nei monumenti dei due papa Clemente XIII e XIV al primo livello ci sono le immagini allegoriche che rappresentano il senso della morte; al secondo livello vi è il sarcofago; al terzo livello vi è la figura del papa. Questo schema, che dal Trecento aveva caratterizzato tutta la produzione di monumenti funebri, venne dal Canova variata con il monumento a Maria Cristina d’Austria – in esso un corteo funebre si accinge a varcare la soglia dell’oltretomba raffigurata come una piramide – e nei monumenti a stele in cui è evidente il ricordo delle tante stele funerarie provenienti dall’antica Roma.

    I monumenti funerari rappresentano un tema molto sentito dagli artisti neoclassici. Da ricordare che, negli stessi anni, l’importanza dei «sepolcri» veniva affermata anche dal poeta Ugo Foscolo. Per il Foscolo il sepolcro doveva conservarci la memoria dei grandi personaggi della storia esaltandone il valore quali esempi di virtù. La morte, che nella precedente stagione barocca veniva visto come qualcosa di orrido e di macabro, dall’arte neoclassica era vista come il «momento pregnante» per eccellenza. Il momento in cui si scaricano tutte le contingenze terrene per entrare nel silenzio assoluto ed eterno.

    Il Canova nel periodo napoleonico divenne il ritrattista ufficiale di Napoleone producendo per l’imperatore diversi ritratti, tra cui quello in bronzo, ora collocato a Brera, che fu rifiutato dall’imperatore perché Canova lo aveva ritratto nudo. Tra i ritratti eseguiti per la famiglia imperiale famoso rimane quello di Paolina Borghese semidistesa su un triclino, seminuda e con una mela in mano, secondo una iconografia di chiara derivazione tizianesca, pur se caricata di significati mitologici.

    Oltre all’attività di scultore, Canova fu anche impegnato nella tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. Nel 1802 ebbe l’incarico di Ispettore Generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa. Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, ottenne di riportare in Italia le tante opere d’arte che l’imperatore aveva trasportato illegalmente in Francia. Morto nel 1822, il suo sepolcro è a Possagno, il paesino in provincia di Treviso dove era nato, e dove egli, a sue spese, fece erigere un tempio dove nel 1830 furono traslate le sue spoglie.
    Fonte: FrancescoMorante.it


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    Messaggio Da APUMA Ven Giu 26, 2015 2:15 pm

    "Teseo e il Centauro" di Antonio Canova
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    Messaggio Da APUMA Dom Giu 28, 2015 8:44 am

    "Elisa Bonaparte Baciocchi" di Lorenzo Bartolini
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    Messaggio Da APUMA Dom Giu 28, 2015 8:52 am

    Lorenzo Bartolini
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    Lorenzo Bartolini (Savignano di Prato, 7 gennaio 1777 – Firenze, 20 gennaio 1850) è stato uno scultore italiano, a cavallo fra il Sette e l'Ottocento, uno dei più importanti del periodo dopo Antonio Canova.

    Biografia
    Si formò all'Accademia di Belle Arti di Firenze e fece esperienza anche con la scultura in alabastro. Nel 1799 soggiornò a Parigi ricevendo anche importanti commissioni, come uno dei bassorilievi della Colonna della Grande Armée per Place Vendôme, che celebrava la battaglia di Austerlitz, e un busto di Napoleone, che piacque molto al generale.

    Grazie all'interessamento di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone, venne nominato professore di scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 1807 (nonostante le resistenze dell'ambiente accademico locale) e divenne lo scultore ufficiale della famiglia Bonaparte, per i quali scolpì numerosi ritratti: busti e statue di "Napoleonidi", tra le quali una statua colossale di Napoleone, ormai già imperatore, da collocare a Livorno, ma poi finita a Bastia.

    Dal 1815, dopo la caduta di Napoleone, tornò a Firenze: non furono anni facili e venne più volte messo all'Indice per le sue idee politiche (di bonapartista) e artistiche, poco consone con il rigido neoclassicismo più accademico, ancora proteso all'imitazione, anche sterile, dello stile di Canova.

    Alcuni facoltosi stranieri però lo sovvenzionarono e gli affidarono commissioni. Verso il 1818 scolpì l'Ammostatore, un fanciullo in atto di pigiare dell'uva, che si rifà a Donatello e a Verrocchio, con un'attenta osservazione della realtà e un modellato di delicata raffinatezza.

    Nel 1824 scolpì il gruppo della Carità educatrice, originalmente pensato per una cappella della villa di Poggio Imperiale, ma oggi conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

    Dal 1830 si dedicò alla prestigiosa richiesta dei figli del principe russo Nicola Demidoff di scolpire un monumento in memoria del padre, che si trova ancora in piazza Demidoff a Firenze dal 1871. L'opera composta da cinque gruppi e figure fu terminata dal suo allievo Romano Romanelli. La figura migliore è la Beneficenza, interamente di Bartolini. Lo scultore usò una qualità di marmo particolarmente pregiata, lo zuccherino, ma molto fragile, per cui fu necessario coprire le sculture con una tettoia sin dall'epoca.

    Lorenzo Bartolini nel 1836 realizzò il monumento dedicato a Leon Battista Alberti all'interno della Basilica di Santa Croce a Firenze. Fu anche docente all'Accademia di Belle Arti di Firenze dal 1839 e si batté per diffondere uno stile di scultura più legato alla vitalità naturalistica (il cosiddetto purismo) piuttosto che all'idealità accademica. Restò famosa la lezione nella quale presentò agli studenti un modello gobbo, indicandolo, nel suo genere, come un "esemplare". La sua opera più conosciuta ed imitata è La fiducia in Dio (1835), conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano, che si distacca nettamente dalla scultura neoclassica, verso un'ispirazione più naturale. Rappresenta una fanciulla inginocchiata mentre guarda al cielo; si dice che l'idea di una tale posa, oltre che ispirata alla Maddalena penitente del Canova, sia venuta all'artista guardando proprio la modella che si rilassava stancamente dopo ore di posa. La scultura venne richiesta da Rosina Trivulzio Poldi Pezzoli, la cui famiglia aveva già commissionato un busto della Marchesa all'artista, la quale, dopo essere rimasta vedova del marito Giuseppe Poldi Pezzoli nel 1833, vedeva la figura come un'immagine consolatoria del suo abbandono nella fede dopo il lutto. Il marmo ispirò un famoso sonetto al poeta Giuseppe Giusti.

    La sua ultima opera importante fu il monumento sepolcrale alla principessa polacca Sofia Zamoyski, per la Basilica di Santa Croce, al quale lavorò, coadiuvato da aiuti, dal 1837 al 1844.

    Nel frattempo scolpì anche la figura dell'Inconsolabile per la tomba Mastiani nel Camposanto di Pisa (1840) e la Ninfa dello Scorpione (1845, oggi al Louvre), che fu grandemente elogiata da Baudelaire. Tra i numerosi ritratti si ricorda il marmoreo Busto del comico Luigi Vestri nella Villa Bezzuoli a Fiesole.
    Nel 1855 riscosse successo di critica all'Esposizione Universale di Parigi, unico tra gli scultori italiani.

    L'insieme dei modelli e studi in gesso che erano presenti nel suo studio furono collocati nell'appositamente creata Gipsoteca Bartolini, ad uso degli studenti dell'Accademia di Belle Arti, che oggi fa parte del Museo dell'Accademia altre invece sono custodite nel Museo Civico di Palazzo Pretorio (Prato), sua città natale.

    Fu sepolto nella cappella di San Luca nella Basilica della Santissima Annunziata a Firenze, anche se una lapide in suo onore si trova anche nella Basilica di Santa Croce. Una targa ricorda il suo studio fiorentino in Borgo Pinti.

    Opere di Lorenzo Bartolini a Prato
    presso il Museo Civico (Prato)
    • Leopoldo II granduca di Toscana, marmo, 59 cm (altezza)
    • Busto di Napoleone Bonaparte, marmo, 30 cm (altezza)
    • Modello del monumento funebre a Nicola Demidoff, alabastro marmo bianco e rosato, 73,5 x 51 x51 cm
    • Busto di Teresa Guiccioli Gamba, gesso, 67 cm (altezza)
    • Giuseppe Bonaparte principe di Canino e Musignano, gesso, 38 cm (altezza)
    • Ninfa Oceanina: Arnina, gesso, 151 cm (altezza)
    • Ritratto di Maria Narystina Contessa Gureeva, gesso, 151 cm (altezza)
    • Fiducia in Dio, gesso, 93 cm (altezza)
    • Il Sonno dell’Innocenza, gesso, 42 x 110 x 50 cm
    • Cane con beccaccia, gesso, 39 x 96 x 40 cm
    • Ritratto di Papa Pio IX, gesso, 41 cm (altezza)
    • Giovacchino Murat, gesso, 64 cm (altezza)
    • Ritratto di Gioacchino Rossini, gesso, 70 cm (altezza)
    • archivio di disegni

      presso il Palazzo Comunale (Prato)
    • Testa dell’attore A. Luigi Vestri, marmo, 52 cm (altezza)
      Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Dom Giu 28, 2015 8:54 am

    "Fiducia in Dio" di Lorenzo Bartolini
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    Messaggio Da APUMA Lun Giu 29, 2015 9:01 am

    Pelagio Palagi
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    Pelagio Palagi (Bologna, 25 maggio 1775 – Torino, 6 marzo 1860) è stato un pittore, scultore, decoratore d'interni italiano.

    Biografia
    Iniziato giovanissimo allo studio della prospettiva, dell’architettura, della pittura di figura, del ritratto ed al collezionismo dal mecenate Carlo Filippo Aldrovandi, proseguì gli studi nella scuola di Nudo dell'Accademia Clementina di Bologna. La sua formazione e gli esordi coincisero con l’arrivo in città delle truppe napoleoniche: su richiesta di Aldrovandi, membro del Senato e rappresentante del governo provvisorio bolognese, realizzò disegni di uniformi per il Direttorio, di medaglie e di emblemi coi simboli di Libertà ed Eguaglianza per carte e biglietti da visita; poi, dietro committenza del nuovo ceto emergente, progettò i monumenti funebri di Edoardo Pepoli (1801), Girolamo Bolognini Amorini (1803) e Luigi Sampieri (1804), realizzati per la Certosa di Bologna, e decorò gli interni delle dimore cittadine delle famiglie Cospi, Aldini e Gozzadini: lavori, questi ultimi, eseguiti nel 1805.

    Trasferitosi a Roma nel 1806 per completare gli studi presso l'Accademia di San Luca, fu forse tra gli allievi di Vincenzo Camuccini. La notizia non è confermata da tutti i testi coevi, ma è indubbio che lo storicismo eroico del pittore romano influenzò profondamente lo stile di Palagi, sia nella ritrattistica, in cui l’artista bolognese manifestò un’attenta analisi dei caratteri fisionomici dei modelli, sia nella pittura di storia e di paesaggio, che portarono Palagi a condurre accurate indagini sulle fonti della storia antica e sullo studio della natura. Sono espressione di questo cammino di approfondimento e di ricerca il Ritratto di Giuseppe Guizzardi in veste d’antico (1807), il Matrimonio di Amore e Psiche (1808), il Mario a Minturno (1809-1810), l’Ila e le ninfe (1810-1811), ma soprattutto le importanti realizzazioni per il Gabinetto Topografico del Palazzo del Quirinale (1811-1813) e per la Galleria di Teseo in Palazzo Torlonia (1813-1815).
    Dal 1813 fu ispettore dell’Accademia Italiana, con l’incarico di seguire l’attività dei giovani pensionati delle Accademie del Regno d’Italia a Roma. Insieme con Antonio Canova, presidente dell’Accademia, riuscì a riunire intorno ai giovani artisti i pittori più rappresentativi del Neoclassicismo italiano, da Felice Giani a Gaspare Landi, oltre a Camuccini.
    L’esperienza romana servì anche a Palagi per approfondire interessi archeologici e collezionistici, già maturati a Bologna durante gli anni giovanili trascorsi nell'ambiente culturale enciclopedico di Carlo Filippo Aldrovandi.

    Nel 1815, dopo una breve parentesi bolognese, si trasferì a Milano, dove aprì una scuola privata in aperta concorrenza con l'Accademia di Brera, che non gli offrì mai un incarico di insegnamento. Nella capitale lombarda la committenza privata, più ampia e stimolante di quella incontrata a Roma, lo portò a dedicarsi alla ritrattistica e, in particolare, alla pittura di figura di Giuseppe Bossi e di Andrea Appiani; dalla committenza privata a quella pubblica, si affermò come ritrattista dei protagonisti della Restaurazione. Fra le opere di genere eseguite a cavallo degli anni Venti si ricordano il Ritratto del conte colonnello Francesco Arese Lucini nello studio, il Ritratto del conte Luigi Archinto, il Ritratto di Francesco I d’Austria (tutti realizzati nel 1817), il Ritratto del maggiore Pietro Lattuada (1822), il Ritratto di Cristina Archinto Trivulzio (1824) e il Ritratto della ballerina Carlotta Chabert come Diana (1828-1830); a cavallo degli anni Quaranta è l'Orombello e Beatrice di Tenda nel Castello di Binasco (1845-1850).

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    Reposoir della regina, esterno presso le Margarie del Castello di Racconigi (arch. Pelagio Palagi)

    L'incontro con Francesco Hayez, il maggiore interprete della svolta romantica dell'arte lombarda, lo indusse a cercare un compromesso fra la pittura storico-romantica e la lezione del classicismo. Vedono così la luce Gian Galeazzo Sforza visitato in Pavia da Carlo VIII, Gustavo Adolfo Re di Svezia che fa giurare fedeltà alla figlia Cristina dagli Stati Generali, Sisto V non riconosce la famiglia e La difesa di Matteo Visconti, tutte opere esposte a Brera fra il 1821 e il 1830, e il Ratto delle Sabine (1823-1825).
    Nella Madonna con bambino, esposto a Brera nel 1825, e nella pala d’altare per la chiesa di San Gaudenzio di Novara con Sant’Adalgiso vescovo di Novara che fa la donazione dei suoi beni ai canonici della cattedrale (1830-1832) sono invece più espliciti i riferimenti a Guido Reni.
    Alla fine degli anni Venti Palagi ottenne l’incarico di eseguire gli interventi architettonici, d’ornato e di progettazione scultorea del Palazzo Arese Lucini e della Villa Cusani Tittoni Traversi di Desio.

    La sua fama di architetto, decoratore d’interni, scultore e disegnatore di mobili, oltre che di pittore, dovette giungere fino alla corte dei Savoia, e il re Carlo Alberto nel 1832 lo volle a capo del progetto di ampliamento del Castello Reale di Racconigi. Trasferitosi dunque a Torino, Palagi, dopo aver ottenuto nel 1834 la direzione dei programmi pittorici e decorativi delle residenze reali, si dedicò ai progetti di ripristino pittorico e decorativo del Castello di Pollenzo e di ammodernamento del Palazzo Reale di Torino. Sempre nello stesso anno si insediò nella cattedra di Ornato dell'Accademia di Belle Arti.

    A pochi giorni dalla morte, Palagi redasse il testamento col quale il Comune di Bologna fu nominato erede di tutti i suoi oggetti d’arte e di antichità, delle medaglie, della biblioteca, dell’archivio e dei disegni. Il materiale librario, l’archivio, i disegni e le incisioni sono oggi conservati presso la Biblioteca comunale dell'Archiginnasio; le collezioni di antichità sono invece suddivise fra il Museo civico archeologico e il Museo civico medievale di Bologna.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Lun Giu 29, 2015 9:04 am

    "Diana Cacciatrice" di Pelagio Palagi
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    Messaggio Da APUMA Lun Giu 29, 2015 1:54 pm

    "Amore e Psiche" di Andrea Appiani
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    Messaggio Da APUMA Lun Giu 29, 2015 2:11 pm

    "La Morte di Cesare" di Vincenzo Camuccini
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    Messaggio Da APUMA Sab Nov 07, 2015 3:34 pm

    Andrea Appiani
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    Andrea Appiani (Milano, 31 maggio 1754 – Milano, 8 novembre 1817) è stato un pittore italiano.

    Biografia
    Proveniente da una modesta famiglia, studiò a Milano dal 1769 alla scuola dell'Ambrosiana con Carlo Maria Giudici, all'Ospedale Maggiore anatomia con Gaetano Monti, poi con il De Giorgi studia Leonardo, Raffaello e il Luini; dal 1776 frequenta l'Accademia di Belle Arti di Brera con Giuliano Traballesi e con Martin Knoller, approfondendo le tecniche dell'affresco. Risale al 1777 la sua prima opera documentata, gli affreschi nella parrocchiale di Caglio. Dal 1779 al 1782 si occupa di scenografia a Milano con i fratelli Bernardino e Ferdinando Galliari, e dal 1783 al 1784 è a Firenze per frequentare la scuola di Domenico Chelli.

    Nel 1789 riceve dall'arciduca d'Austria Ferdinando la commissione di affrescare la Storia di Amore e Psiche per la Rotonda delle Serre nella Villa Reale di Monza; l'Appiani ha ormai una personalità ben definita: adotta la grazia della pittura greca e la morbidezza leonardesca. Nel 1790 e nel 1791 viaggia per studio a Roma, Parma, Bologna, Firenze e a Napoli, anche in vista della stesura dei suoi affreschi milanesi in Santa Maria presso San Celso, iniziati il 10 giugno 1793 e conclusi nel 1795, dopo quelli della Rotonda della Villa Arciducale a Monza, dipinti al suo ritorno da Roma verso il 1792.

    Dal 1795 al 1800 affresca il Palazzo milanese Sannazzaro–Prina; nel novembre 1795 è a Parma dove viene introdotto a corte. Il 9 giugno 1796, dopo l'entrata dei francesi a Milano, il 15 maggio 1796, il "Corriere Milanese" descrive il suo ritratto di Napoleone alla battaglia di Lodi. In questo stesso anno è nominato "Commissario superiore", incaricato di scegliere le opere d'arte lombarde e venete da spedire a Parigi. Nel 1797 fa parte del Corpo legislativo della Repubblica Cisalpina e viene incaricato di prepararne la Festa Federativa il 9 luglio 1797. Dal ritorno degli austriaci a Milano, il 28 aprile 1799, a quello di Napoleone, il 2 giugno 1800, l'Appiani lavora molto poco; il 18 ottobre 1800 è nuovamente nominato Commissario alle opere d'arte.

    Il 7 maggio 1801 il "Journal des debats" dà notizia del suo arrivo a Parigi e il 19 maggio il governo lo incarica, con Jacques-Louis David, di occuparsi del progetto del Foro Bonaparte. Il 4 giugno 1801 è insegnante all'Accademia di Brera e il 16 gennaio 1802 è nominato Commissario degli Spettacoli; il 17 aprile redige un inventario della collezione arcivescovile dalla quale, il 3 marzo 1811, sceglierà 23 dipinti che faranno parte, con altri, della nuova Pinacoteca di Brera, inaugurata il 5 agosto 1811. Il 16 giugno 1802 è membro della giuria nel Concorso della Riconoscenza, vinto da Giuseppe Bossi; il 12 luglio scrive un rapporto sui motivi del degrado dell'Ultima Cena di Leonardo e il 15 ottobre è membro dell'Istituto Nazionale della Repubblica Italiana; nel gennaio 1803 va a Bologna e a Parma, dove copia gli affreschi del Correggio nella Camera di San Paolo.

    Il 7 maggio 1803 è membro della Classe de Littérature et Beaux.-Arts dell'Institut de France; il 20 giugno finisce, nel Palazzo Reale di Milano, i primi 15 episodi dei Fasti, una serie di monocromi a tempera iniziati nel 1801. Il 26 giugno 1803 si inaugura l'Arena di Milano, progettata da Appiani, Bargigli e Sanquirico. Il 23 gennaio 1804 una commissione composta da Vincenzo Monti, Giuseppe Bossi e Giuliano Traballesi esamina i cartoni dell'Apoteosi di Napoleone come Giove trionfatore e della Caduta dei Giganti, che Appiani fece copiare da Francesco Valentini, e portò in dono a Napoleone.

    L'11 novembre 1804 è a Parigi, per l'incoronazione di Napoleone a imperatore dei francesi e il 26 maggio 1805, a Milano, insieme con lo scultore Pietro Canonica, partecipa alla cerimonia di incoronazione di Napoleone come Re d'Italia: due settimane dopo, il 7 giugno 1805, è nominato primo pittore del Re d'Italia. Il 31 agosto 1805 Eugenio di Beauharnais gli commissiona la preparazione delle stampe dei Fasti, iniziati da Giuseppe Longhi nel 1807 e completati solo nel 1817; il 27 luglio 1806 ringrazia il principe Eugenio per l'ottenuta nomina di Cavaliere della Corona ferrea.

    Al 1808 datano gli affreschi nel Palazzo Reale di Milano, andati in gran parte distrutti durante la seconda guerra mondiale: sopravvivono il ciclo comprendente l'affresco con l'Apoteosi di Napoleone e le quattro Virtù che sono ora a Villa Carlotta, a Tremezzo, sul lago di Como. Tra il 1808 e il 1810, partecipa alla decorazione degli interni della Villa Melzi d'Eril a Bellagio. Il 18 agosto 1808 attesta di aver dipinto in quel solo anno 16 ritratti di Napoleone e della famiglia Beauharnais; tra l'agosto e il settembre 1811 dipinge il Parnaso nella Villa Reale di Milano (oggi Galleria d'Arte Moderna) ed entra a far parte dell'Accademia romana di san Luca.

    Nel 1812, dopo la disfatta napoleonica in Russia, interrompe a Palazzo Reale l'affresco della Caduta dei Giganti. Il 28 aprile 1813 è colpito da un infarto che lo lascia paralizzato, impedendogli per il resto della sua vita di lavorare, lasciando incompiute le opere per il Palazzo Reale. Muore nella sua casa milanese di corso Monforte nel 1817. Fu sepolto a San Gregorio fuori Porta Orientale, ma la sua tomba andò dispersa. Nella Cripta della Chiesa di San Gregorio Magno in Milano (attuale Porta Venezia) è custodita la lapide funebre (insieme a quella di altri personaggi illustri) che era posta sul muro di cinta del cimitero di San Gregorio.

    Massoneria
    Massone già dal 1785, quando fu iniziato nella Loggia "La Concordia" di Milano, costituita nel 1783 dal conte Johann Joseph Wilczek con patenti degli Illuminati di Baviera. La Loggia "La Concordia" aderì nel 1784 alla Gran Loggia Nazionale di Vienna. Durante il periodo napoleonico, sotto il Grande Oriente d'Italia, fece parte della Loggia "Amalia Augusta" di Milano, poi fu Maestro Venerabile della Loggia "Royale Josephine", sempre milanese. Negli stessi anni fu anche guardasigilli del Grande Capitolo generale della massoneria italiana. Alla costituzione del Grande Oriente d'Italia in Milano fu nominato Grande Ufficiale in esercizio. Ha lasciato numerose tracce artistiche massoniche nelle sue opere a Palazzo Reale di Milano.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Sab Nov 07, 2015 3:37 pm

    "Napoleone Bonaparte" di Andrea Appiani
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    Messaggio Da APUMA Dom Nov 08, 2015 3:37 pm

    Vincenzo Camuccini
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    Vincenzo Camuccini, talvolta indicato anche come Camucini (Roma, 22 febbraio 1771 – Roma, 2 settembre 1844), è stato un pittore e restauratore italiano.

    Biografia
    Uno dei più importanti pittori del Neoclassicismo italiano e della pittura di storia, nonostante abbia vissuto in un periodo storico, il XIX secolo, dove la cultura romantica aveva preso piede completamente all'interno del panorama artistico-letterario europeo. Giovanissimo, sposa Maddalena Devoti, figlia di Carlo, eminente medico alla corte pontificia e nipote dell'arcivescovo Giovanni Devoti, massimo esperto di diritto canonico. Questi accompagna il papa a Parigi per l'incoronazione di Napoleone Bonaparte. La sorella di Maddalena, Caterina, aveva sposato il ricco banchiere romano, Emilio Bracci, figlio di Virginio, principe del Consiglio del Buon Governo e nipote di Pietro Bracci, scultore. Fratello di Pietro Camuccini divenuto famoso per la pulitura del Giudizio Universale di Michelangelo nel 1824-25, restauri vari per i Borghese come la revisione della Deposizione di Raffaello e la pulitura della Danae del Correggio nel 1827.

    La formazione
    Nato a Roma il 22 febbraio del 1771, Vincenzo Camuccini rimase orfano in giovane età, venne educato fin da piccolo alla pittura dal fratello maggiore Pietro, grazie al quale cominciò ad accostarsi allo stile di Raffaello, considerato dagli artisti neoclassici, Mengs su tutti, come il modello a cui ispirarsi per la pittura. Ogni giorno Camuccini visitava le Stanze di Raffaello all'interno degli appartamenti pontifici in Vaticano, si allenava a copiarne lo stile; di quel periodo ci sono pervenuti moltissimi disegni dell'artista romano. In adolescenza passò prima alla scuola di Domenico Corvi e successivamente a quella più famosa di David.

    La prima opera pittorica riconosciuta di Vincenzo Camuccini è il Sacrificio di Noè eseguita in tenera età dall'artista, a soli quattordici anni. Oltre a studiare i capolavori della scultura classica e della pittura rinascimentale, Camuccini amava molto rappresentare la realtà di tutti i giorni, ritraendo sia la natura che la gente della strada per studiarne le espressioni e dare il più possibile ai suoi dipinti una nota realistica. Probabilmente in questo il pittore venne influenzato dal Romanticismo, molto attento alla bellezza e alla grandiosità della Natura, in tutti i suoi particolari. Questo suo interesse nei confronti della resa realistica dei soggetti lo spinse a frequentare gli ambienti ospedalieri della Città Eterna, per eseguire studi sui cadaveri allo scopo di capire il funzionamento dell'anatomia umana.

    Durante questi anni realizzò numerose copie dei dipinti di Raffaello, la più apprezzata, eseguita a diciotto anni fu la Deposizione Baglioni della Galleria Borghese, dipinto lodato da molti pittori a lui contemporanei.

    L'ascesa verso il successo
    Dopo aver trascorso anni a copiare i più grandi della storia dell'Arte, il Camuccini cominciò a realizzare opere di propria invenzione. La sua fama crebbe negli anni, portandolo a ricevere commissioni sempre più importanti, fino ad arrivare alla nomina da parte di papa Pio VII di Direttore generale della Fabbrica di San Pietro, incarico di sovraintendenza ai Musei Vaticani, che negli anni era stato di illustri artisti come Michelangelo, Maderno e Bernini. Per il pontefice realizzò L'Incredulità di San Tommaso e un San Simone e Giuda, due tele di grandi dimensioni per la Basilica di San Pietro.

    Contemporaneamente, Vincenzo Camuccini aprì un importante atelier a Roma, frequentatissimo da molti artisti, italiani e stranieri.

    I titoli onorifici
    Dopo aver lavorato per il Re di Monaco, per il quale realizzò importanti copie di capolavori del Rinascimento italiano, si trasferì a Napoli alla corte di Ferdinando I, dove rimase per otto mesi, decorando la corte con importanti pitture. Su tutte suscitarono grande ammirazione da parte di importanti personaggi del tempo, come Antonio Canova e Vincenzo Monti, i due dipinti ispirati alle opere di Tito Livio e Plutarco: La morte di Giulio Cesare e La morte di Virginia. La prima delle due fu ispirata anche dalla tragedia voltairiana che andò in scena a Roma nel 1798, l'anno stesso del dipinto. Nel 1819 il Re gli affidò l'incarico di Direttore Artistico della sua Corte.

    Grazie a due importanti commissioni ricevute da Napoleone, i dipinti di Carlo Magno chiama a Parigi i letterati d'Italia e Germania per la fondazione dell'Università e Tolomeo Filadelfo nella biblioteca di Alessandria realizzati per il palazzo del Quirinale (oggi a Napoli, Museo di Capodimonte), ottenne il titolo di Cavaliere dell'Ordine del Merito delle due Sicilie.

    Nel 1826 tornò di nuovo a Napoli, dove lavorò per il successore di Ferdinando, Francesco I.

    Con gli anni le commissioni da parte di tutte le più alte cariche europee cominciarono a moltiplicarsi, Camuccini lavorò per i regnanti di Spagna e per il Granduca Alessandro II di Russia per il quale dipinse Virgilio che legge l'Eneide.

    Il 28 agosto 1830, papa Pio VIII, lo nominò Barone con Breve, titolo nobiliare ereditario, grazie alla realizzazione del ritratto di papa Gregorio Magno, per il Tempio di S.Nicola in Arena a Roma, e gli affidò il riordino della Pinacoteca vaticana: qui, tra l'altro, il Camuccini fece portare, dalla Basilica dei Santi Apostoli, il dipinto Sisto IV nomina il Platina prefetto della biblioteca Vaticana di Melozzo da Forlì[1].

    Il successore di Gregorio XVI gli commissionò nel 1830 l'illustrazione del Vangelo, ottantaquattro stampe che il Camuccini realizzò in tre anni. Per questo pontefice, realizzò varie commissioni, allestì nuovi musei, come i Vaticani ed il museo Lateranense ed i Musei Gregoriani con l'inserimento di importanti opere etrusche ed egiziane. Curò l'esumazione della salma di Raffaello al Pantheon, raffigurò in alcuni disegni la scena e lo scheletro dell'artista.

    Teorie sul restauro
    Compì per Gregorio XVI anche vari lavori di restauro in numerose chiese romane. In questo frangente nacque una famosa polemica con un'altra importante personalità artistica dell'Ottocento italiano: Tommaso Minardi. I due artisti si scontrarono sulla questione del metodo migliore per eseguire un corretto restauro.

    Secondo Camuccini, l'intervento restaurativo doveva essere di tipo integrativo: nel restaurare un'opera d'arte si sarebbero dovute "integrare" le parti mancanti, con l'inserimento di nuove parti, in maniera di non perdere l'armonia del dipinto o della scultura originale.

    Per Tommaso Minardi l'intervento doveva essere di tipo conservativo, si doveva cioè fare in modo di salvare le parti restanti dell'opera senza nessun tipo di integrazione con pezzi ex novo che avrebbero intaccato l'originalità del manufatto artistico.

    Gli ultimi anni
    Fu eletto principe dell'Accademia di San Luca nel 1806 e rimane in carica fino al 1806, quando gli successe lo scultore Antonio Canova. Camuccini ricoprì nuovamente la carica di Presidente dell'Accademia romana nel 1826.

    Nel 1840 dipinse il quadro Furio Camillo caccia i Galli dal Campidoglio, per il principe Carlo Alberto di Savoia, oggi nel Palazzo Reale di Genova.

    Vincenzo Camuccini morì a Roma l'2 settembre del 1844 dopo che un ictus due anni prima ne aveva fortemente indebolito il fisico. Venne sepolto nella Chiesa di San Lorenzo in Lucina dove l'artista era stato battezzato.

    Opere dipinte
    • La morte di Cesare (Napoli, Museo di Capodimonte)
    • La morte di Virginia (Napoli, Museo di Capodimonte)
    • Tolomeo Filadelfo nella biblioteca di Alessandria (Napoli, Museo di Capodimonte)
    • La Presentazione al Tempio (Piacenza, San Giovanni in Canale)
    • La Conversione di San Paolo (Roma, Basilica di San Paolo fuori le mura)
    • San Paolo rapito al terzo cielo (Roma, Basilica di San Paolo fuori le mura)
    • Ritratto del cardinale Benedetto Naro Patrizi (Roma, Galleria Spada)
    • Il Miracolo di San Francesco di Paola (Napoli, San Francesco di Paola)
    • Giuditta ed Oloferne (Alzano Lombardo, Basilica di San Martino)
    • Furio Camillo caccia i Galli dal Campidoglio (Genova, Palazzo Reale)
      Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mar Apr 19, 2016 2:29 pm

    Gaetano Gandolfi
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    Gaetano Gandolfi (San Matteo della Decima, 31 agosto 1734 – Bologna, 20 giugno 1802) è stato un pittore italiano.

    Nacque in una famiglia di artisti. Il fratello Ubaldo, il figlio Mauro e il nipote Democrito furono anch'essi pittori. Studiò all'Accademia Clementina di Bologna, dove ebbe per maestri Felice Torelli e Ercole Lelli. Studiò anche scultura e vinse numerosi premi in concorsi indetti dall'accademia, nelle sezioni del ritratto e della scultura.

    Nel 1760 trascorse un anno a Venezia, dove ebbe modo di studiare le opere del Tiepolo e di altri pittori veneti. Viaggiò anche in Inghilterra. Tornato a Bologna, realizzò affreschi e tele in varie chiese e conventi di Bologna. Nella Basilica di San Petronio eseguì il dipinto Madonna di S. Luca e santi Emidio e Ivo. Nel 1775 eseguì la grande tela Nozze di Cana (cm 530 x 679) per il convento dei Canonici Regolari di San Salvatore a Bologna, considerato uno dei suoi capolavori, conservata ora presso la Pinacoteca nazionale di Bologna.

    Le sue opere sono conservate nei musei e gallerie d'arte di tutto il mondo, tra cui il Louvre di Parigi e il Metropolitan Museum of Art di New York.

    Nel chiostro Terzi della Certosa di Bologna si trova un monumento funerario a Gaetano e Democrito Gandolfi, attribuito allo scultore Giovanni Putti.
    Fonte: WIKIPEDIA


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