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    Messaggio Da APUMA Gio Nov 15, 2012 6:51 pm

    In questo Topic potete parlare, postare e discutere di uomini e donne che hanno dedicato la loro vita allo sport! Qualunque sport!


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    Messaggio Da APUMA Gio Nov 15, 2012 6:53 pm

    Marcello Lippi
    Uomini & Donne dello Sport! Marcel10

    Marcello Romeo Lippi (Viareggio, 12 aprile 1948) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo difensore, attuale tecnico del Guangzhou Evergrande. Cinque volte campione d'Italia con la Juventus nei due periodi in cui l'allenò (1994-1999 e 2001-2004), rivestì il ruolo di commissario tecnico della nazionale italiana dal 2004 al 2006 e dal 2008 al 2010, conducendola alla vittoria della Coppa del Mondo FIFA 2006, dopo la quale divenne il primo allenatore nella storia del calcio ad aver vinto le massime competizioni internazionali sia a livello di nazionali (il campionato mondiale) che a livello di club (l'UEFA Champions League nella stagione 1995-96 e la Coppa Intercontinentale 1996 con la squadra bianconera), condividendo attualmente tale primato con il CT della Nazionale spagnola ed ex allenatore del Real Madrid Vicente Del Bosque. In ambito internazionale detiene due record: essere l'allenatore, insieme a Miguel Muñoz e Alex Ferguson, ad aver disputato il maggior numero di finali di Champions League (4). In carriera ha ricevuto vari premi tra i quali quelli al migliore allenatore dall'Associazione Italiana Calciatori (1997; 1998 e 2003), al migliore allenatore secondo l'UEFA (1997-98), all'allenatore ed CT dell'anno dall'Istituto di Storia e Statistica del Calcio (1997-1998 e 2006, rispettivamente)[3]; essendo inserito dal quotidiano britannico Times in una lista dei migliori allenatori della storia del calcio stilata nel 2007[4] e nella Hall of fame del calcio italiano nel 2011.

    Carriera

    Giocatore
    La sua carriera di giocatore inizia nel 1969; ha militato nel Savona (una stagione in prestito in Serie C), nella Sampdoria (sette stagioni in Serie A e due in B), nella Pistoiese (una stagione in B e una in A) e nella Lucchese (una stagione in Serie C2) ricoprendo a buon livello il ruolo di libero. In carriera ha totalizzato complessivamente 188 presenze e 5 reti in Serie A e 96 presenze e 2 reti in Serie B, contribuendo nella stagione 1979-1980 alla prima storica promozione della Pistoiese in massima serie. Con 274 presenze in blucerchiato, è tuttora il decimo calciatore della Sampdoria più presente in incontri di campionato.

    Allenatore
    La carriera da allenatore inizia nel 1982, nella squadra giovanile della Sampdoria. La prima squadra tra i professionisti è invece il Pontedera in Serie C2 (con cui perde la finale della Coppa Anglo-Italiana 1986). L'anno successivo allena il Siena in Serie C1 ed è esonerato a seguito di contestazioni da parte della tifoseria. Poco a poco sale di categoria, tra alti e bassi. In particolare, nel corso della stagione 1987-1988 allena la Pistoiese e nella stagione seguente la Carrarese, in Serie C1. Al termine di quella stagione, il Presidente del Cesena, Edmeo Lugaresi, lo sceglie per guidare la compagine romagnola: è il debutto in Serie A. Il Campionato si conclude con una brillante salvezza; per la sua fisionomia, i tifosi lo soprannominano "Paul Newman".
    L'anno seguente, tuttavia, la squadra fatica e Lippi subisce il penultimo esonero della sua carriera. Allena poi la Lucchese (8ª in serie B nel 1991-92) e l'Atalanta[8] (7ª in serie A 1992-93). Viene quindi ingaggiato dal Napoli, e con una squadra giovane si mette in luce, raggiungendo il sesto posto in classifica e ottenendo così la sua prima qualificazione alla successiva edizione della Coppa UEFA, nonostante i problemi economici della società partenopea.

    Juventus
    Nel 1994, Lippi diventa allenatore della Juventus. Il cambio di dirigenza della squadra bianconera porta in quell'anno alla cessione di molti giocatori di fama, per motivi di bilancio. Pochi credono nella possibilità di una stagione ai vertici e invece la squadra si laurea Campione d'Italia per la ventitreesima volta, riportando lo scudetto a Torino dopo nove anni. È l'inizio di un ricco quinquennio che si conclude con tre scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa europea, una Coppa Intercontinentale, una finale di Coppa UEFA, persa contro il Parma nel 1995, e due di Coppa dei Campioni, perse per 3-1 contro il Borussia Dortmund nel 1997 e per 1-0 contro il Real Madrid nel 1998. Lascia la guida tecnica dei bianconeri nel febbraio 1999, dopo una sconfitta interna contro il Parma (2-4, con tripletta di Hernán Crespo) e viene poi sostituito dall'ex allenatore parmense Carlo Ancelotti.

    Inter
    Dopo 4 stagioni e mezzo alla Juventus, Lippi passa all'Inter, squadra con la quale non riesce a replicare i successi ottenuti in bianconero e raggiungerà solo la finale di Coppa Italia 1999-2000 e di Supercoppa Italiana, sconfitto in entrambe le occasioni dalla Lazio. Trova ostile l'ambiente nerazzurro (difficile, tra gli altri, il rapporto con Roberto Baggio col quale già ai tempi della Juventus non aveva ben convissuto), abituato a considerarlo un avversario, e alla fine della prima stagione chiede la risoluzione del contratto al presidente Moratti. Questi rifiuta, ma esonera l'allenatore il 1º ottobre dopo la prima partita di campionato contro la Reggina persa 2-1 e la precedente eliminazione ai preliminari di Coppa Campioni contro l'Helsingborg (1-0 in Svezia e 0-0 a Milano).

    Il ritorno alla Juventus
    Nell'estate del 2001 Lippi torna sulla panchina bianconera, sulla quale resta per 3 stagioni vincendo 2 scudetti e 2 Supercoppe italiane. Raggiunge anche una finale di Champions League (la quarta della sua carriera), persa ai rigori contro il Milan per 3-2.Nel 2004 perde anche la finale di Coppa Italia contro la Lazio.

    La Nazionale italiana e il Mondiale
    Il 16 luglio 2004 viene nominato commissario tecnico della Nazionale italiana. L'esordio non è beneaugurante, con una sconfitta in Islanda per 2-0, ma disputa un ottimo cammino di qualificazione e porta la selezione azzurra al Campionato mondiale di calcio 2006 in Germania. Nel torneo iridato porta la Nazionale alla vittoria della Coppa del Mondo il 9 luglio. Il 12 luglio 2006 annuncia la sua volontà di non rinnovare il contratto con la FIGC, ritenendo esaurito il suo ruolo alla guida della Nazionale. L'11 dicembre 2006, a seguito del successo conquistato dalla squadra azzurra al Campionato mondiale di calcio 2006 gli viene conferita una "Panchina d'oro" speciale. Per l'edizione 2007/2008 della Champions League è commentatore dell'emittente televisiva Sky.

    Il Lippi-bis
    Marcello Lippi al ritorno sulla panchina della Nazionale italiana Il 26 giugno 2008, dopo la fine del rapporto tra Roberto Donadoni e la Nazionale, la FIGC lo richiama ad allenare la squadra azzurra, che Lippi guiderà ai Mondiali di calcio 2010. La presentazione ufficiale si tiene il 1º luglio a Roma. Il CT campione del mondo fa il nuovo esordio sulla panchina azzurra il 20 agosto 2008 in un'amichevole contro l'Austria terminata con un pareggio (2-2). Nell'ottobre 2008 l'Italia sconfigge il Montenegro per 2-1 grazie a una doppietta di Alberto Aquilani. Questa partita permette al C.T. azzurro di eguagliare Vittorio Pozzo in una speciale classifica: infatti solo Lippi e l'allenatore dell'Italia degli anni trenta sono riusciti a ottenere trenta risultati utili consecutivi alla guida della Nazionale italiana di calcio. Il pareggio per 1-1 di Atene contro la Grecia del 19 novembre 2008 consente a Lippi di conquistare il 31º risultato utile consecutivo, eguagliando il record mondiale di imbattibilità internazionale di Clemente (Spagna) e Basile (Argentina); mai nessun allenatore aveva ottenuto altrettanto sulla panchina azzurra. L'imbattibilità viene fermata nella partita successiva, l'amichevole Brasile-Italia, finita 2-0 per la formazione verdeoro. Nel giugno 2009 gli azzurri di Lippi partecipano per la prima volta alla Confederations Cup in Sudafrica, venendo eliminati nel girone iniziale: dopo la vittoria contro gli Stati Uniti nella gara di esordio (3-1), risultano fatali le sconfitte con Egitto (0-1) e Brasile (0-3). Il 10 ottobre 2009 a Dublino l'Italia pareggia per 2-2 con l'Irlanda di Giovanni Trapattoni, qualificandosi così al Mondiale 2010 con un turno d'anticipo. L'esperienza azzurra in Sudafrica è però disastrosa. Nonostante venga sorteggiata in un girone abbordabile, dopo due pareggi contro Paraguay e Nuova Zelanda e una sconfitta nella decisiva gara contro la Slovacchia l'Italia è eliminata già al primo turno. Non succedeva da 36 anni. È inoltre la prima volta che l'Italia non ottiene neanche una vittoria in un Campionato del mondo e l'unica volta in cui arriva ultima nel proprio girone. Al termine del Mondiale Lippi lascia la nazionale per scadenza di contratto.

    Guangzhou
    Il 17 maggio 2012 diventa l'allenatore del Guangzhou Evergrande, squadra della Chinese Super League. Il tecnico toscano firma un contratto di due anni e mezzo con un ingaggio pari a 10 milioni di euro annuali; tornando così su una panchina di club a otto anni di distanza. Il suo staff è composto dai collaboratori Narciso Pezzotti e Massimiliano Maddaloni, dal preparatore dei portieri Michelangelo Rampulla e dal preparatore atletico Claudio Gaudino. Debutta sulla panchina della squadra all'11ª giornata di campionato, contro il Qingdao Jonoon, con la squadra al comando della classifica che vince per 1-0. In ottobre, il suo Guangzhou Evergrande vince il secondo titolo di fila con un turno d'anticipo: decisivo il successo di misura sul Liaoning arrivata grazie al gol al 91' di Gao Lin.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da thomas Mar Nov 20, 2012 10:47 pm

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    Nicola Pietrangeli
    Pietrangeli è considerato il più grande tennista italiano di sempre con i suoi due successi al Roland Garros, e i due agli Internazionali d'Italia (4 volte finalista in entrambi i tornei). Anche al torneo di Wimbledon i suoi risultati restano i migliori dei giocatori italiani: 18 le sue partecipazioni con una semifinale disputata nel 1960, quando fu sconfitto da Rod Laver in 5 set (6-4, 3-6, 8-10, 6-2, 6-4).

    Grande curatore dello stile, giocatore di fondocampo, potente nei passanti, forte nel rovescio, un po' meno nel dritto, con una notevole smorzata. Gli è stato intestato un campo, ossia l'ex centralino, del Foro Italico di Roma ed è uno dei due italiani — l'altro è Gianni Clerici — a essere, attualmente, membro dell'International Tennis Hall of Fame.
    Carriera
    Ha disputato in Coppa Davis 164 incontri, in singolare e doppio, stabilendo il primato mondiale con 120 successi, senza tuttavia riuscire a conquistarla se non nel 1976 a Santiago del Cile come capitano non giocatore del quartetto formato da Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, mentre da giocatore disputò la finale nel 1960 e nel 1961.

    Nel 1959 e 1960 Nicola Pietrangeli si aggiudicò il Roland Garros; ciò gli valse l'appellativo di "Campione mondiale sulla terra battuta", confermato con la vittoria agli Internazionali d'Italia del 1957 e del 1961: sono 22 le sue partecipazioni a questa competizione. Arrivò inoltre in finale altre due volte a Parigi, 1961 e 1964, e a Roma, 1958 e 1966. Nell'Australian Open raggiunse i quarti di finale nel 1957.

    Con Orlando Sirola formò il doppio più vincente della storia italiana: nel 1959 vinse il Roland Garros e nel 1956 arrivò alla finale di Wimbledon, oltre ai titoli italiani vinti consecutivamente dal 1955 al 1960.
    Palmarès

    Roland Garros 1959 - singolare maschile: vincitore
    Roland Garros 1960 - singolare maschile: vincitore
    Roland Garros 1961 - singolare maschile: finalista
    Roland Garros 1964 - singolare maschile: finalista
    Roland Garros 1955 - doppio maschile: finalista
    Roland Garros 1959 - doppio maschile: vincitore
    Roland Garros 1958 - doppio misto: vincitore
    Torneo di Wimbledon 1956 - doppio maschile: finalista


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    Messaggio Da thomas Mar Nov 20, 2012 10:58 pm

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    Sara Simeoni
    Sara Simeoni (Rivoli Veronese, 19 aprile 1953) è un'ex atleta italiana specializzata nel salto in alto.

    Campionessa olimpica e medaglia d'oro alle XXII Olimpiadi di Mosca nel 1980, è stata primatista del mondo con la misura di 2,01 metri stabilita due volte nel 1978, anno in cui vinse il campionato europeo. Ha vinto inoltre due medaglie d'oro alle Universiadi, altrettante ai Giochi del Mediterraneo e quattro titoli di campionessa europea indoor. Quattordici volte campionessa italiana, ha detenuto il primato italiano per 36 anni dal 12 agosto 1971 all'8 giugno 2007, quando fu superato da Antonietta Di Martino.
    Carriera
    Nata a Rivoli Veronese, cominciò ben presto a frequentare le pedane di atletica adottando il neonato stile Fosbury. Fu seguita dapprima dal tecnico Bragagnolo, quindi da Erminio Azzaro, anche lui saltatore in alto, che diventerà suo allenatore e marito.

    Divenuta primatista italiana assoluta quando era ancora nella categoria juniores, aveva tra le sue armi migliori tecnica e determinazione. Nelle manifestazioni più importanti, sia indoor sia all'aperto, ha avuto una progressione di risultati che l'hanno portata a valicare il fatidico muro dei 2 metri in una lotta agonistica spesso contrapposta alle rivali tedesche Rosemarie Ackermann ed Ulrike Meyfarth.

    Nel suo curriculum vanta una medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Mosca 1980 ed anche due medaglie d'argento ai giochi olimpici (Montreal 1976 e Los Angeles 1984), un oro e due bronzi agli europei, quattro ori agli europei al coperto, due vittorie alle Universiadi e ai Giochi del Mediterraneo e 24 titoli italiani; ha indossato la maglia azzurra per 72 volte.

    È stata alfiera azzurra durante la cerimonia d'apertura delle olimpiadi di Los Angeles, e il 26 febbraio 2006 è stata portatrice della bandiera olimpica nel corso della Cerimonia di chiusura della XX Olimpiade invernale di Torino.


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    Messaggio Da thomas Mar Nov 20, 2012 11:05 pm

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    Adriano Panatta
    Adriano Panatta (Roma, 9 luglio 1950) è un ex tennista italiano
    Carriera
    La sua carriera è stata costellata da splendide vittorie intervallate da periodi di appannamento. Oltre che per i successi a livello individuale, è tuttora ricordato per essere stato il giocatore di punta della squadra nazionale che vinse la Coppa Davis nel 1976 (l'unica conquistata dall'Italia).

    Vissuto sin da piccolo a stretto contatto con il mondo del tennis grazie al padre Ascenzio, custode del "Tennis Club Parioli" (circolo tennistico romano dove Adriano ha mosso i primi passi, per trasferirsi poi al "Tennis Club Parioli" nel 1965), e del Centro Tennis del CONI all'EUR, salì alla ribalta nel 1970 vincendo a Bologna i Campionati italiani assoluti di tennis; nell'occasione superò a sorpresa in cinque set Nicola Pietrangeli, il giocatore più titolato nella storia del tennis italiano. L'anno successivo ripeté lo stesso exploit a Firenze, dimostrando che il successo ottenuto non era stato un fuoco di paglia.

    Nei primi anni di attività Panatta vinse importanti tornei internazionali a Bournemouth nel 1973, a Firenze nel 1974, a Kitzbühel e Stoccolma nel 1975. Raggiunse il culmine nel 1976, vincendo gli Internazionali d'Italia, sconfiggendo John Newcombe in semifinale e in finale Guillermo Vilas (2–6, 7–6, 6–2, 7–6), e quindi aggiudicandosi a poche settimane di distanza il Roland Garros, battendo in finale Harold Solomon (6–1, 6–4, 4–6, 7–6) dopo aver salvato un match point nell'incontro di primo turno contro il cecoslovacco Pavel Hutka e aver liquidato Björn Borg nei quarti. Alla fine dell'anno, con la squadra nazionale capitanata da Pietrangeli (non giocatore) e composta da Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, conquistò la Coppa Davis in Cile.

    Il 24 agosto 1976 raggiunse il 4º posto nel ranking mondiale, suo miglior piazzamento in carriera e tuttora miglior piazzamento di un tennista italiano nell'era open (dal 1973)[1]. Nel 1977 vinse il torneo World Championship Tennis di Houston, battendo in sequenza Jimmy Connors, Ken Rosewall, Eddie Dibbs e Vitas Gerulaitis. Nel 1978 ottenne un'altra importante vittoria al torneo di Tokyo, e raggiunse la sua seconda finale ai Campionati Internazionali d'Italia, venendo sconfitto in cinque set da Borg. Il suo ultimo successo in carriera è del 1980, al torneo di Firenze.

    È stato l'unico tennista a sconfiggere Björn Borg agli Open di Francia, exploit compiuto per ben due volte: negli ottavi di finale dell'edizione del 1973 (7–6, 2–6, 7–5, 7–6), e nei quarti di finale dell'edizione del 1976, poi vinta (6–3, 6–3, 2–6, 7–6). Dopo la vittoria del 1976, Panatta aiutò l'Italia a raggiungere la finale della Coppa Davis in altre tre occasioni (1977, 1979 e 1980). La squadra italiana fu però sconfitta dall'Australia nel 1977, dagli Stati Uniti nel 1979, e dalla Cecoslovacchia nel 1980.

    Nonostante il gioco d'attacco e le qualità tecniche, Panatta non si trovò mai completamente a suo agio sulle superfici veloci. Sui campi in erba la sua unica performance di rilievo avvenne nel 1979, quando raggiunse i quarti di finale a Wimbledon, dove fu sconfitto dall'americano Pat Du Pré in 5 set (3–6, 6–4, 6–7, 6–4, 6–3).


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    Messaggio Da thomas Ven Nov 23, 2012 3:27 pm

    Come non ricordare....
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    Jury Chechi
    Jury Dimitri Chechi (Prato, 11 ottobre 1969) è un ex ginnasta italiano. Soprannominato il Signore degli Anelli, ha dominato la specialità degli anelli negli anni novanta, riuscendo a dare all'Italia una medaglia d'oro olimpica 32 anni dopo la vittoria di Menichelli nel corpo libero ai Giochi di Tokyo del 1964.
    Vita privata
    È legato affettivamente a Rosella, da cui ha avuto Dimitri, nato nel 2003, e Anastasia, nata nel giugno 2005. Durante un'intervista si è dichiarato ateo.
    Carriera sportiva
    Viene chiamato Jury in onore del cosmonauta russo Gagarin. Da bambino, piccolo di statura e magrolino, non è certo dotato di un fisico che fa presumere una carriera sportiva. La sorella però frequenta una palestra di ginnastica artistica, la Società Ginnastica Etruria di Prato, e Jury finisce per appassionarsi a questo sport, cosicché nel 1976 i genitori decidono di iscrivere anche lui.

    Nel 1977, Jury centra il primo di una serie innumerevole di successi, piazzandosi al primo posto del Campionato Regionale Toscano. Nel 1984 entra nel giro della nazionale juniores di ginnastica e si trasferisce a Varese per potere studiare e contemporaneamente allenarsi nella palestra della gloriosa Società Ginnastica Varesina, specializzandosi nella disciplina degli anelli. Dal 1989 al 1995, sotto la guida del suo allenatore Bruno Franceschetti, vince 6 titoli italiani consecutivi, i Giochi del Mediterraneo, le Universiadi, 4 titoli europei e 5 titoli mondiali.

    Dopo aver partecipato alle Olimpiadi di Seoul del 1988, Chechi si è rivelato nel 1989 con un terzo posto agli anelli ai Mondiali e l'anno successivo ha conquistato il titolo europeo della specialità. È terzo anche ai Mondiali del 1991, anno in cui agli XI Giochi del Mediterraneo vince sei medaglie d'oro rispettivamente negli anelli, corpo libero, cavallo con maniglie, parallele simmetriche, concorso generale individuale e concorso generale a squadre; nel 1992 è il grande favorito per la gara degli anelli alle olimpiadi di Barcellona ma, circa un mese prima delle gare, si rompe il tendine d'Achille durante un allenamento ed è costretto a rinunciare alle gare. Chechi non si perde d'animo, va a Barcellona a commentare le gare di ginnastica per la televisione e tornato alle competizioni l'anno successivo, si è aggiudicato per cinque volte di seguito il titolo mondiale (1993-97), divenendo il primo ginnasta della storia a vincere cinque ori iridati consecutivi in una specialità. Queste vittorie, le prime per un atleta italiano dai tempi di Franco Menichelli gli fanno valere il soprannome di "Signore degli Anelli" che, riferendosi agli strumenti ginnici, parafrasa il titolo del famoso romanzo di Tolkien, di cui ha dichiarato essere appassionato. Tale soprannome, però, i giornalisti l'hanno attribuito anche ad altri atleti come il bulgaro Jovtchev e il greco Tampakos.

    Ha colto poi il massimo alloro trionfando anche ai Giochi olimpici di Atlanta del 1996, anno in cui ha conquistato anche il suo quarto titolo europeo dopo i successi nel 1990, 1992 e nel 1994. Sempre negli anelli, ha ottenuto anche due vittorie in Coppa Europa (1991 e 1995). Notevoli sono stati anche i suoi risultati nel concorso generale, dove può vantare un terzo posto agli Europei (1990) e una vittoria e un terzo posto in Coppa Europa (1991 e 1995); nella sbarra, con un oro e un bronzo in Coppa Europa (1991 e 1995), e nel corpo libero, dove è stato terzo agli Europei del 1992. Nel 1997 annuncia il ritiro ma due anni dopo decide di tornare alle gare.

    Nel 2000 un altro grave infortunio, la rottura del tendine brachiale di un bicipite, interrompe la sua preparazione per le olimpiadi di Sydney e questa volta il campione toscano sembra deciso al ritiro definitivo. Nel 2003 però, per una promessa fatta a suo padre, torna ad allenarsi in vista delle olimpiadi di Atene dove ha l'onore di essere il portabandiera della spedizione italiana durante la cerimonia di apertura.

    Nella finale olimpica di specialità degli anelli del 22 agosto 2004, Jury Chechi conquista un'inaspettata medaglia di bronzo; alla giuria, davanti alle televisioni, indica che il vero vincitore della gara avrebbe dovuto essere il bulgaro Jordan Jovtchev, arrivato secondo, e non il greco Dimosthenis Tampakos, ginnasta di casa, il cui esercizio era stato caratterizzato da numerose imperfezioni.
    Dopo il ritiro
    Poco dopo il ritiro ha ricevuto la laurea honoris causa in Scienze motorie dall'Università degli studi del Molise. Il 10 febbraio 2006, nella veste dello "Sciamano del Fuoco", apre la cerimonia di apertura ai Giochi olimpici invernali di Torino colpendo con un martello d'oro una fiammeggiante incudine. Nel 2007 si è candidato nel collegio di Savona alle primarie del Partito Democratico in una lista a sostegno di Walter Veltroni. Ha anche svolto il ruolo di consigliere comunale a Prato. È spesso apparso in televisione nelle vesti di ospite, come a La strana coppia o Buona la prima, ma anche come conduttore. A partire dal 2008 co-presenta infatti, prima Marco Mazzocchi e poi con Antonio Rossi, il programma Ninja Warrior in onda sul canale satellitare GXT, inoltre nella stagione televisiva 2006/2007 ha partecipato alla trasmissione Amici di Maria De Filippi in veste di supervisore degli allievi di ginnastica artistica. Durante le Olimpiadi di Londra 2012 ha lavorato per Sky Sport come commentatore.
    Palmarès
    Giochi olimpici
    Oro Oro Atlanta 1996 (anelli)
    Bronzo Bronzo Atene 2004 (anelli)
    Campionati mondiali
    Bronzo Bronzo Stoccarda 1989 (anelli)
    Bronzo Bronzo Indianapolis 1991 (anelli)
    Oro Oro Birmingham 1993 (anelli)
    Oro Oro Brisbane 1994 (anelli)
    Oro Oro Sabae 1995 (anelli)
    Oro Oro San Juan 1996 (anelli)
    Oro Oro Losanna 1997 (anelli)
    Campionati europei
    Oro Oro Losanna 1990 (anelli)
    Bronzo Bronzo Losanna 1990 (concorso generale)
    Oro Oro Budapest 1992 (anelli)
    Bronzo Bronzo Budapest 1992 (corpo libero)
    Oro Oro Praga 1994 (anelli)
    Oro Oro Copenaghen 1996 (anelli)
    Universiadi
    Oro Oro Buffalo 1993 (anelli)
    Oro Oro Buffalo 1993 (squadre)
    Argento Argento Buffalo 1993 (concorso generale)
    Oro Oro Catania 1997 (anelli)
    Giochi del Mediterraneo
    Oro Oro Latakia 1987 (volteggio)
    Oro Oro Latakia 1987 (squadre)
    Argento Argento Latakia 1987 (anelli)
    Argento Argento Latakia 1987 (concorso generale)

    Oro Oro Atene 1991 (corpo libero)
    Oro Oro Atene 1991 (cavallo)
    Oro Oro Atene 1991 (anelli)
    Oro Oro Atene 1991 (parallele)
    Oro Oro Atene 1991 (squadre)
    Oro Oro Atene 1991 (concorso generale)

    Oro Oro Linguadoca-Rossiglione 1993 (cavallo)
    Oro Oro Linguadoca-Rossiglione 1993 (anelli)
    Oro Oro Linguadoca-Rossiglione 1993 (squadre)
    Oro Oro Linguadoca-Rossiglione 1993 (concorso generale)
    Argento Argento Linguadoca-Rossiglione 1993 (parallele)

    Oro Oro Bari 1997 (anelli)
    Campionati italiani
    6 concorsi generali: 1989, 1990, 1991, 1992, 1993, 1995.
    1 campionato a squadre: 1994 (con la Panaro Modena).
    Onorificenze
    Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana
    — Roma, 27 settembre 2004. Di iniziativa del Presidente della Repubblica


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    Messaggio Da coyote irrequieto Mar Nov 27, 2012 10:30 am

    Paola Pezzo
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    Paola Pezzo (Bosco Chiesanuova, 8 gennaio 1969) è una biker italiana. Professionista fino al 2005, era specialista nel cross country, disciplina nella quale fu due volte campionessa olimpica (Atlanta 1996 e Sydney 2000).

    Carriera
    Inizialmente praticò sci di fondo con buoni risultati, ma nel 1988 preferì avvicinarsi al ciclismo, in sella ad una mountain bike. Nel 1992 vinse il suo primo titolo italiano e arrivò seconda ai campionati europei, mentre nel 1993 vinse i mondiali, a Métabief . Nel 1994 la conquista della medaglia d'oro ai campionati europei la consacrò come una delle migliori "biker" della storia.

    Gli europei furono nuovamente conquistati nel 1996 e nel 1999. Alle Olimpiadi di Atlanta, sempre nel 1996 conquistò il primo posto, confermato poi ai Giochi olimpici di Sydney di quattro anni dopo. Il 1997 può essere però considerato il suo anno d'oro: dopo la vittoria olimpica, ha vinto praticamente tutte le gare a cui ha partecipato, dimostrando una superiorità impressionante che non si vedeva dai tempi di Juli Furtado. Nel 1997 vinse la coppa del mondo, ottenendo la prima piazza in otto delle dieci tappe in programma, e il mondiale. Dopo il terzo posto in coppa nel 1998, il bronzo ai mondiali del 1999 e del 2000 si ritirò temporaneamente dall'agonismo.

    Nel 2004 tornò però alle gare vincendo una Gran fondo e partecipando ad alcune tappe della coppa del mondo di marathon. Partecipò così alle Olimpiadi di Atene, in cui si è ritirata a causa di un problema fisico. La sua ultima vittoria è datata 21 marzo 2005, giorno in cui tagliò per prima il traguardo alla 58 chilometri di Andria.

    È l'unica biker, insieme a Gunn-Rita Dahle, ad aver vinto sia ai giochi olimpici, sia ai mondiali, sia la classifica finale della coppa del mondo.

    Fa parte della Mountain bike hall of fame dal 1999.

    Nell'agosto del 2008 si dà al ciclismo su strada e, subito, il 10 agosto 2008 ottiene la sua prima vittoria su strada: la Gran Fondo Charly Gaul.

    Palmarès

    1993

    Campionati del mondo, Cross country (Métabief)

    1994

    Campionati europei, Cross country
    9ª prova Coppa del mondo, Cross country (Lenzerheide)

    1995

    3ª prova Coppa del mondo, Cross country (Houffalize)
    4ª prova Coppa del mondo, Cross country (Budapest)

    1996

    Giochi olimpici, Cross country (Atlanta)
    Campionati europei, Cross country

    1997

    Campionati del mondo, Cross country (Château-d'Œx)
    1ª prova Coppa del mondo, Cross country (Napa Valley)
    2ª prova Coppa del mondo, Cross country (Wellington)
    5ª prova Coppa del mondo, Cross country (Špindlerův Mlýn)
    6ª prova Coppa del mondo, Cross country (Mount Snow)
    7ª prova Coppa del mondo, Cross country (Mont-Sainte-Anne)
    8ª prova Coppa del mondo, Cross country (Vail)
    9ª prova Coppa del mondo, Cross country (Houffalize)
    10ª prova Coppa del mondo, Cross country (Annecy)
    Classifica finale Coppa del mondo, Cross country

    1998

    2ª prova Coppa del mondo, Cross country (Silves)

    1999

    Campionati europei, Cross country
    4ª prova Coppa del mondo, Cross country (Silves)

    2000

    Giochi olimpici, Cross country (Sydney)

    2005

    2ª prova Coppa del mondo, Marathon (Riva del Garda)


    Fonte: Wikipedia


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    Messaggio Da rosy73 Mer Nov 28, 2012 7:51 pm

    non possiamo dimenticare lui...il grande sic...

    marco simocelli...

    Marco Simoncelli (Cattolica, 20 gennaio 1987 – Sepang, 23 ottobre 2011) è stato un pilota motociclistico italiano, campione del mondo della classe 250 nel 2008.
    Conosciuto fra gli appassionati con il nomignolo di SuperSic,[1] è morto a soli 24 anni durante il Gran Premio della Malesia, disputatosi sul circuito di Sepang.[2] A seguito della richiesta di tifosi e appassionati,[3] il 2 novembre 2011 è stato deciso di intitolare il Misano World Circuit alla sua memoria.[4]

    carriera...

    Nasce a Cattolica (in provincia di Rimini), ma è cresciuto a Coriano (anch'esso in provincia di Rimini), il 20 gennaio 1987. Ha cominciato a correre a 7 anni con le minimoto nella sua città. A 12 anni è stato proclamato campione italiano, così come nel 2000, anno nel quale ha gareggiato per il titolo europeo conquistando la 2ª posizione. A 14 anni ha preso parte al Trofeo Honda NR (salendo in due occasioni sul podio) e al campionato italiano 125 GP.

    classe 125..

    Nel 2002 è stato campione europeo classe 125 e lo stesso anno, dopo un buon apprendistato a livello nazionale ed europeo, ha debuttato nel Motomondiale in classe 125 nel Gran Premio della Repubblica Ceca col team Aprilia CWF - Matteoni Racing, al posto di Jaroslav Huleš, passato alla classe 250; il compagno di squadra era Chaz Davies. Ha terminato la stagione al 33º posto con 3 punti e ha ottenuto, come miglior risultato, un 13º posto in Portogallo.
    Il 2003 lo ha visto impegnato per la prima stagione completa del campionato del mondo, con il compagno di squadra Mirko Giansanti, terminando la stagione 21º con 31 punti e ottenendo come miglior risultato un 4º posto in Comunità Valenciana.
    Il 2004 è stato per Simoncelli un anno difficile che gli ha riservato sensazioni contrastanti. La sua capacità di gestire al meglio la moto sul bagnato gli ha permesso di trionfare a Jerez, dove ha realizzato la pole position e la sua prima vittoria in carriera nonostante l'insidioso tracciato, e di confermarsi specialista della pioggia a Brno, dove ha guadagnato ancora la pole in una sessione di qualificazione accompagnata da condizioni critiche. Ma è stata un'annata segnata anche da cadute e inconvenienti, che non gli hanno permesso di superare l'11ª posizione della classifica generale con 79 punti. Il team di cui ha fatto parte è stato il Rauch Bravo e il suo compagno di squadra è stato Steve Jenkner.
    Per il 2005 viene confermato dal team, che cambia denominazione in Nocable.it Race,[5] gareggiando con il compagno di squadra Joan Olivé. Ha vinto un altro gran premio a Jerez ed è salito, nel corso della stagione, per sei volte sul podio (oltre la vittoria, si è piazzato 2º in Catalogna e 3º in Germania, Repubblica Ceca, Qatar e Australia); pur lottando sempre per le posizioni di vertice, è uscito dalla lotta per il mondiale già a metà stagione, a causa di alcune difficoltà nell'adattarsi alla sua Aprilia RS 125 R in virtù della sua notevole altezza, chiudendo comunque al 5º posto con 177 punti, e realizzando anche una pole position in Spagna.
    Classe 250 [modifica]
    Nel 2006 è passato in classe 250, alla guida della Gilera RSV 250 con capotecnico Rossano Brazzi, già tecnico di campioni come Valentino Rossi e Marco Melandri, il quale però si è ammalato dopo le prime gare lasciandolo senza una vera "guida" durante tutta la stagione. Si è classificato 10º con 92 punti senza ottenere risultati eclatanti, ottenendo come miglior piazzamento un 6º posto in Cina.
    L'anno successivo, il 2007, la casa madre Aprilia ha tolto a Simoncelli la moto ufficiale affidandogli una RSW 250 LE, sempre nel team Metis Gilera, ma gestita tecnicamente da Aligi Deganello. È stata una stagione avara di risultati, terminata al 10º posto con 97 punti, con miglior risultato in gara un doppio 6º posto (Francia e Olanda).

    classe 250...
    Simoncelli in sella alla Gilera RSA 250 a Donington Park nel 2009
    Il 2008 si è rivelato più fruttuoso: ancora con una moto non ufficiale, una RSA 250, nelle prime due gare ha piazzato un doppio "zero" in classifica per via di due cadute, pur essendo particolarmente favorito per la vittoria a Jerez. Nella gara successiva in Portogallo è riuscito a guadagnare la sua prima pole stagionale, ma solo nella gara successiva ha portato a casa la prima vittoria al Mugello, seguita da un'altra in Catalogna. Ricevuta una moto evoluta, ha vinto al Sachsenring con ben 10" di vantaggio su Mika Kallio, poi a Motegi, a Phillip Island, e col 3º posto a Sepang si è laureato campione del mondo della 250, per poi vincere a Valencia a coronamento di una grande stagione, in cui ha totalizzato 281 punti. Gli altri podi sono stati: 2° in Francia e Gran Bretagna, 3º in Olanda e Repubblica Ceca; mentre le altre pole position sono state ottenute in Germania, Repubblica Ceca, Giappone, Australia e Comunità Valenciana.
    Per il 2009, nonostante l'alloro iridato, ha deciso di rimanere nella classe di mezzo, ma è stato costretto a saltare l'inaugurale Gran Premio del Qatar a causa di un infortunio. Dopo alcune gare incerte, nel gran premio di Francia, Simoncelli dimostra di essere ritornato in forma, vincendo sul bagnato con gran margine. Nella gara successiva, al Mugello, ancora sul bagnato ha ingaggiato una lotta all'ultima staccata con Mattia Pasini, arrivando però in 2ª posizione. Ha trionfato al Sachsenring conquistando la sua 10ª vittoria nel motomondiale, rilanciando così le sue aspirazioni al titolo. In seguito, dopo la pausa estiva, ha vinto anche a Brno, di nuovo dopo un duello con Pasini, seguito da un altro successo a Indianapolis, che gli hanno permesso di ridurre notevolmente il gap dal leader del mondiale Hiroshi Aoyama e dallo spagnolo Álvaro Bautista. Purtroppo, nel successivo gran premio di Misano, per via di una caduta ha perso punti preziosi per la riconquista del titolo iridato, ma dopo le due vittorie consecutive in Portogallo e in Australia si è portato a 12 punti da Aoyama, con ancora due gare da disputare. Ritornato vicino al vertice della classifica, in Malesia il giapponese ha vinto la corsa, mentre dietro Simoncelli e Héctor Barberá rimangono in lotta fino all'ultima curva, con un arrivo al fotofinish che ha lasciato nelle mani della giuria l'assegnazione delle piazze; per via del giro più veloce, la 2ª posizione è stata consegnata allo spagnolo, mentre l'italiano si è dovuto accontentare del 3º posto, perdendo altri punti preziosi e facendo aumentare il suo distacco dal giapponese a 21 punti. Nell'appuntamento conclusivo di Valencia, dopo aver condotto in testa per buona parte della gara, Simoncelli è stato protagonista di una scivolata che ha consegnato di fatto il titolo mondiale a Hiroshi Aoyama; inoltre, la contemporanea vittoria del Gran Premio da parte di Barberá ha permesso anche al pilota spagnolo di sopravanzare in classifica il romagnolo, relegandolo al 3º posto finale con 231 punti. Gli altri podi stagionali di Simoncelli sono stati due terzi posti in Spagna e Olanda, realizzando anche quattro pole position (Giappone, Germania, Repubblica Ceca e Comunità Valenciana).


    Simoncelli sulla Honda RC212V a Laguna Seca nel Gran Premio degli Stati Uniti d'America del 2010
    Durante la stagione 2009 ha anche partecipato alla dodicesima prova del campionato mondiale Superbike con l'Aprilia RSV4, sostituendo ad Imola l'infortunato Shinya Nakano.[6] Durante le prove di qualifica del sabato è riuscito a registrare un buon tempo piazzandosi in 8ª posizione. Nonostante la seconda fila, in gara 1 non è partito benissimo, per poi terminare la sua gara con una caduta. La gara 2 lo ha invece visto protagonista di una bella rimonta, nella quale è riuscito a conquistare il 3° gradino del podio finendo davanti al compagno di squadra Max Biaggi.[7]

    classe motogp...Nel 2010 è passato alla classe MotoGP con la Honda RC212V del team San Carlo Honda Gresini, gareggiando insieme al compagno di squadra Marco Melandri. Ha ottenuto come miglior risultato un 4º posto in Portogallo, e ha terminato la stagione all'8º posto in classifica con 125 punti.
    Nel 2011 è rimasto nello stesso team avendo però una fornitura uguale a quella ufficiale del team HRC, questa volta con compagno di squadra Hiroshi Aoyama. Ha subito ottenuto un doppio 5º posto, alla gara di inizio stagione in Qatar e al Gran Premio di Francia, e due pole position, una al Gran Premio di Catalogna e l'altra in Olanda. In Repubblica Ceca ha ottenuto il primo podio (un 3º posto) nella classe regina. A Misano si è piazzato al 4º posto dopo una concitata lotta negli ultimi giri col connazionale Andrea Dovizioso e con lo statunitense Ben Spies. In Australia è giunto 2º, ottenendo il miglior risultato in carriera in MotoGP.


    Simoncelli sulla griglia di partenza del Gran Premio della Malesia 2011
    Il 23 ottobre 2011, durante il Gran Premio della Malesia, è rimasto vittima di un incidente mortale.[8] Nel corso del secondo giro il pilota ha perso il controllo della sua Honda e, nel tentativo di rimanere in sella, ha tagliato trasversalmente la pista,[9] venendo investito dai piloti che lo seguivano, Colin Edwards e Valentino Rossi, i quali non hanno avuto modo di evitarlo; l'impatto è stato talmente violento da sfilargli il casco. È morto in seguito ai traumi riportati alla testa, al collo e al torace.[10]
    I funerali sono stati celebrati il 27 ottobre 2011 nella chiesa parrocchiale di Coriano, la sua città, e successivamente il suo corpo è stato cremato.[11] La sua scomparsa ha avuto grossa risonanza nell'ambiente sportivo e non:[12] la cerimonia funebre, trasmessa anche in diretta televisiva,[13] ha visto la partecipazione di oltre 25 000 persone,[14][15] mentre un minuto di raccoglimento in sua memoria è stato proclamato dal CONI per tutte le manifestazioni sportive,[16] esempio seguito anche dalla Camera dei deputati[17] e da varie istituzioni locali. Il Milan, squadra di cui era tifoso, ha giocato con il lutto al braccio la seguente partita di campionato.[18]


    Murale commemorativo a Riccione
    In occasione del Gran Premio d'India di Formula 1 svoltosi la settimana seguente, vari piloti hanno onorato Simoncelli apponendo il numero 58 sui loro caschi e sulle loro monoposto,[11] e il vincitore della gara Sebastian Vettel ha dedicato il suo successo a Simoncelli e a Dan Wheldon (altro pilota scomparso una settimana prima).[19] Il motomondiale lo ha invece ricordato prima del Gran Premio della Comunità Valenciana, ultimo appuntamento della stagione, quando i piloti di tutte le classi, oltre ad apporre il numero 58 su caschi, tute e moto, hanno effettuato insieme un giro di pista commemorativo dietro alla Honda di Simoncelli,[20] guidata per l'occasione dall'ex iridato Kevin Schwantz, amico del pilota e idolo della sua infanzia.[21] Michele Pirro, vincitore del Gran Premio della Moto2 e anch'egli pilota del Team Gresini Racing, gli ha dedicato la sua prima vittoria nel motomondiale.[22] Loris Capirossi ha invece deciso di correre la gara (la sua ultima prima del ritiro) con il numero 58 di Simoncelli.[23]
    L'anno successivo, il team Gresini Racing ha inizialmente scelto di correre la stagione 2012 cambiando la propria livrea da bianca a nera in segno di lutto per ricordare Simoncelli; durante il Gran Premio del Mugello il team ha deciso, però, di ritornare con la livrea bianca per stimolare il team stesso e per ricordare lo spirito competitivo del giovane pilota.[24] Il 18 ottobre dello stesso anno, in occasione del weekend di gara del GP della Malesia, i piloti e il paddock del motomondiale hanno apposto una targa commemorativa alla Curva 11 del circuito di Sepang, dove Simoncelli perse la vita.[25]



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    Messaggio Da thomas Gio Nov 29, 2012 4:41 pm

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    Nino Benvenuti
    Da Wikipedia

    Dati biografici
    Nome Nino Benvenuti
    Nazionalità bandiera Italia
    Altezza 180 cm
    Pugilato Boxing pictogram.svg
    Dati agonistici
    Categoria Pesi medi, Pesi welter e Pesi superwelter
    Carriera
    Incontri disputati
    Totali 90
    Vinti (KO) 82 (35)
    Persi (KO) 7 (1)
    Pareggiati 1
    Palmarès
    1965-1966 Titolo mondiale WBA Titolo mondiale WBC superwelter
    1967-1970 Titolo mondiale WBA Titolo mondiale WBC medi
    Bandiera olimpica Olimpiadi
    Oro Roma 1960 welter
    Wikiproject Europe (small).svg Europei
    Oro Praga 1957 superwelter
    Oro Lucerna 1959 superwelter


    Giovanni Benvenuti detto Nino (Isola d'Istria, 26 aprile 1938) è un ex pugile italiano.

    Campione olimpico nel 1960, campione mondiale dei Pesi medi tra il 1967 e il 1970, è stato uno dei migliori pugili italiani e uno tra gli atleti più amati dal pubblico italiano.

    Ha vinto il prestigioso premio di Fighter of the year nel 1968.

    Il suo primo match della trilogia contro Emile Griffith è stato nominato Fight of the year nel 1967, premio attribuito tre anni dopo anche al match perso contro l'argentino Carlos Monzón.

    La International Boxing Hall of Fame e la World Boxing Hall of Fame lo hanno riconosciuto fra i più grandi pugili di ogni tempo.

    Attualmente è commentatore sportivo.


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    Messaggio Da APUMA Ven Dic 14, 2012 1:39 pm

    Oscar Pistorius
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    « Perdente non è chi arriva ultimo in una gara, ma chi si siede e sta a guardare. » (La madre di Oscar Pistorius)

    Oscar Leonard Carl Pistorius (Johannesburg, 22 novembre 1986) è un atleta sudafricano, campione paralimpico nel 2004 sui 200 metri piani e nel 2008 sui 100, 200 e 400 metri piani. Soprannominato "the fastest thing on no legs" (la cosa più veloce su nessuna gamba) e "Blade Runner", Pistorius è un amputato bilaterale, detentore del record del mondo sui 100, 200 e 400 metri piani nella categoria T44.
    Corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio, denominate cheetah (ghepardo). È il primo ed unico atleta amputato capace di vincere una medaglia in una competizione iridata per normodotati, ottenendo l'argento con la staffetta 4×400 metri sudafricana ai Mondiali di Daegu (correndo soltanto in batteria).

    Biografia

    Gli inizi
    Pistorius nasce con una grave malformazione (entrambi i peroni erano assenti ed i piedi erano gravemente malformati), che lo costringe, all'età di undici mesi, all'amputazione delle gambe. Negli anni del liceo pratica il rugby e la pallanuoto, poi un infortunio lo porta all'atletica leggera, dapprima per motivi di riabilitazione, poi per scelta.

    2004: i primi successi paralimpici
    Il suo primo appuntamento agonistico di rilievo sono le Paralimpiadi di Atene del 2004. A diciassette anni vince il bronzo sui 100 metri e l'oro sui 200, battendo anche atleti amputati singoli più quotati di lui, come gli statunitensi Marlon Shirley e Brian Frasure. Fin dal 2005 Pistorius esprime il desiderio di poter correre coi normodotati in occasione dei Giochi olimpici di Pechino 2008.
    Un parziale successo lo ottiene nel giugno del 2007, quando gli organizzatori del Golden Gala di Roma gli consentono di competere coi normodotati sui 400 metri. Il 13 luglio quindi gareggia nello Stadio Olimpico di Roma in occasione del Golden Gala, prendendo parte, assieme ad atleti normodotati, alla gara B dei 400 metri ottenendo la seconda posizione.

    2008: l'ammissione a gareggiare con i normodotati
    Il 13 gennaio 2008 la IAAF respinge la richiesta di Pistorius di gareggiare con i normodotati, sostenendo che "un atleta che utilizzi queste protesi ha un vantaggio meccanico dimostrabile (più del 30%) se confrontato con qualcuno che non usi le protesi".
    Il 16 maggio dello stesso anno Pistorius è riabilitato dal tribunale sportivo alla partecipazione delle Olimpiadi 2008. Nelle motivazioni che hanno portato alla riabilitazione, si legge che "al momento non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare che Pistorius tragga vantaggio dall'uso delle protesi". Tuttavia non riesce a realizzare il tempo minimo che gli permetterebbe di partecipare alla manifestazione olimpica.
    Il 9 settembre vince la medaglia d'oro alle Paralimpiadi di Pechino nei 100 m chiudendo in 11"18 per poi ripetersi il 13 settembre nei 200 m (con il tempo di 21"67, record paralimpico) e il 16 settembre nei 400 m (con il tempo di 47"49, record del mondo).

    2011: l'argento mondiale con la staffetta a Daegu
    Dal 2011 inizia ad allenarsi stabilmente a Gemona del Friuli, insieme ad altri atleti sudafricani. Il 19 luglio proprio in Friuli, a Lignano Sabbiadoro, corre i 400 metri in 45"07 realizzando il minimo A valido per la partecipazione ai Mondiali di Daegu 2011 e ai Giochi olimpici di Londra 2012. Ai mondiali prende parte ai 400 metri, venendo eliminato in semifinale con il tempo di 46"19, mentre il 1º settembre, insieme ai compagni di staffetta, realizza il primato nazionale sudafricano della 4×400 metri in occasione delle batterie di qualificazione con il tempo di 2'59"21.
    Non corre poi la finale, in cui il Sudafrica conquisterà il secondo posto, venendo comunque ugualmente premiato con la medaglia d'argento per il contributo fornito in semifinale. È da sottolineare come il tempo ottenuto in semifinale, con Pistorius, sia stato migliore del tempo fatto registrare dal quartetto sudafricano in occasione della finale.

    2012: La partecipazione alle Olimpiadi
    Nel 2012 ottiene sui 400 metri piani il minimo valido per la partecipazione ai Giochi olimpici di Londra, venendo convocato sia per la prova individuale sia per la staffetta 4×400 metri. Il 4 agosto supera agevolmente la sua batteria dei 400 m, correndo in 45"44, suo primato stagionale.
    Il giorno dopo prende parte alla semifinale, classificandosi 8º della propria serie con il tempo di 46"44 e venendo eliminato.
    In quest'occasione il campione del mondo Kirani James chiede e ottiene di scambiare con lui le pettorine con i rispettivi cognomi.

    Vita privata
    Oltre all'atletica leggera s'interessa di altri sport tra cui il calcio, in particolar modo della Serie A; ha infatti più volte dichiarato di essere un tifoso della S.S. Lazio. Ha sempre espresso il suo amore per l'Italia, in particolare per la Maremma, in quanto ha trascorso molte delle proprie estati a Grosseto, allenandosi allo Stadio Carlo Zecchini sotto la guida dell'ex astista Andrea Giannini.
    Nel 2008 è protagonista del video "Via le mani dagli occhi" della band italiana Negramaro, mentre nel 2012 la cantautrice Mariella Nava omaggia Pistorius nel brano "La mia specialità", contenuto nel suo ultimo album "Tempo mosso".
    Il 22 febbraio 2009 rimane seriamente ferito in un incidente in barca; la notte del 13 settembre dello stesso anno viene arrestato per aggressione, per poi essere rilasciato. Nel 2010 riceve dal Laboratorio internazionale della comunicazione il Gamajun International Award.
    Il 7 gennaio 2012 è stato ospite alla trasmissione Ballando con le stelle, ottenendo il massimo del punteggio ed aggiudicandosi l'ammirazione dei giudici: "Ballare non è mai stato il mio punto forte. È una sfida anche più grande della corsa."

    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da thomas Lun Apr 01, 2013 8:31 pm

    Uomini & Donne dello Sport! MENNEA_Pietro

    Pietro Mennea
    Pietro Paolo Mennea (Barletta, 28 giugno 1952 – Roma, 21 marzo 2013) è stato un atleta, politico e avvocato italiano.

    Campione olimpico (1980) e detentore del primato mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 (con il tempo di 19"72, attuale record europeo).

    Biografia
    Nacque in una modesta famiglia di Barletta. Il padre era sarto e la mamma casalinga. Dopo le medie si iscrisse a ragioneria. Un curioso aneddoto racconta che all'età di 15 anni, su uno stradone di Barletta, sfidò in velocità una Porsche e un'Alfa Romeo 1750 a piedi, sui 50 metri, battendole entrambe e guadagnando le 500 lire per pagarsi un biglietto d'ingresso al cinema o un panino. Successivamente proseguì gli studi all'I.S.E.F.

    Si laureò a Bari una prima volta in scienze politiche, su consiglio di Aldo Moro, allora ministro degli Esteri. Conseguì poi anche le lauree in giurisprudenza, scienze motorie e sportive e lettere.

    Era coniugato con Manuela Olivieri, avvocatessa.

    Nel 2000 il nome di Mennea tornò agli onori delle cronache quando l'Università degli Studi dell'Aquila, presso cui aveva partecipato a un concorso per la cattedra di Sistematica, regolamentazione e organizzazione dell'attività agonistica presso la facoltà di Scienze motorie, gli propose l'assunzione, dato che si era classificato primo in graduatoria, ma, giudicando la posizione di professore a contratto (istituto di diritto privato) incompatibile con la carica di membro del Parlamento europeo (carica di natura pubblica), gli chiese le dimissioni da quest'ultima. La vicenda provocò polemiche e interrogazioni parlamentari. Tuttavia il Governo Amato II, rappresentato dall'allora Sottosegretario di Stato per l'Università e la Ricerca Scientifica e Tecnologica on. Luciano Guerzoni, diede ragione all'Università.

    Mennea è stato docente a contratto di Legislazione europea delle attività motorie e sportive presso la Facoltà di Scienze dell'Educazione Motoria dell'Università "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara.

    Nel 2006 ha dato vita, insieme con la moglie, alla "Fondazione Pietro Mennea", onlus di carattere filantropico, che effettua donazioni e assistenza sociale ad enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici. Lo scopo secondario è di carattere culturale e consiste nel diffondere lo sport e i suoi valori, nonché promuovere la lotta al doping.

    Oltre alla carriera sportiva, ha operato come insegnante di educazione fisica, curatore fallimentare, eurodeputato (a Bruxelles dal 1999 al 2004) e commercialista. È stato, per alcuni mesi, anche direttore generale della Salernitana nell'annata 1998-1999.

    Nel 2010, insieme con la consorte (entrambi legali con studio a Roma, ubicato vicino al Tribunale Civile), si occupava di class action negli Stati Uniti per difendere alcuni risparmiatori italiani finiti nel crac della Lehman Brothers.

    Muore il 21 marzo 2013, all'età di 60 anni, in una clinica di Roma, a causa di un tumore al pancreas. E' sepolto nel Cimitero Flaminio a Roma.
    Carriera sportiva
    Mennea iniziò la sua lunga carriera atletica internazionale nel 1971, quando debuttò ai Campionati europei con un terzo posto nella staffetta 4×100 metri e un sesto nei 200 metri. Fece il suo debutto olimpico a Monaco di Baviera, ai Giochi olimpici estivi del 1972, dove raggiunse la finale dei 200 m, la specialità nella quale era più forte. Tagliò il traguardo al terzo posto, dietro al sovietico Valerij Borzov e all'americano Larry Black. A questa sarebbero seguite altre tre finali olimpiche nella stessa specialità.

    Ai Campionati europei del 1974, Mennea vinse l'oro nei 200 m davanti al pubblico di casa di Roma, e si piazzò secondo nei 100 m (dietro a Borzov, suo rivale storico) e nella staffetta veloce. Dopo alcune prestazioni deludenti, nel 1976 Mennea decise di saltare i Giochi olimpici, ma il pubblico italiano protestò e Mennea andò a Montréal. Riuscì a qualificarsi per la finale dei 200 m, ma vide l'oro finire nelle mani del giamaicano Don Quarrie, mentre lui finì ai piedi del podio, quarto. Lo stesso risultato, mancando di poco il bronzo, venne raggiunto nella staffetta 4x100 metri. Nel 1978, a Praga, difese con successo il suo titolo europeo dei 200 m, ma mostrò le sue doti anche sulla distanza più breve, vinta anch'essa. In quell'anno si aggiudicò anche l'oro nei 400 metri piani agli europei al coperto.

    Nel 1979, Mennea, studente di scienze politiche, prese parte alle Universiadi, che si disputavano sulla pista di Città del Messico. Il tempo con cui vinse i 200 metri piani, 19"72, era il nuovo record del mondo: esso resistette per ben 17 anni, ma va tenuto conto del fatto che fu ottenuto correndo a oltre duemila metri di quota come del resto il precedente primato, stabilito da Tommie Smith sempre a Città del Messico (si noti comunque che Mennea detenne anche il record del mondo a livello del mare dal 1980 al 1983, con 19"96, tempo stabilito nella sua città natale, Barletta). Il record venne battuto da Michael Johnson ai trials statunitensi per le Olimpiadi del 1996.

    In quanto detentore del primato mondiale, Mennea era senz'altro uno dei favoriti per l'oro olimpico a Mosca anche a causa del boicottaggio statunitense delle Olimpiadi del 1980. Nella finale dei 200 m, Mennea affrontò il campione uscente Don Quarrie e il campione dei 100 m Allan Wells. Wells sembrò dirigersi verso una vittoria netta ma Mennea gli si avvicinò sul rettilineo e lo sopravanzò negli ultimi metri, aggiudicandosi l'oro per 2 centesimi di secondo. Vinse anche il bronzo con la staffetta 4×400 metri.

    Mennea, soprannominato la Freccia del Sud, nel 1981 annunciò il suo ritiro concedendosi più tempo per lo studio. Successivamente ritornò sui suoi passi e l'anno dopo prese parte agli europei gareggiando però solo nella 4x100 in cui arrivò quarto.

    Il 22 marzo 1983 stabilì il primato mondiale (manuale) dei 150 metri piani, con 14"8 sulla pista dello stadio di Cassino: questo primato è ancora imbattuto, perché il tempo di 14"35 stabilito il 17 maggio 2009 da Usain Bolt a Manchester non è stato omologato dalla Federazione in quanto stabilito su pista rettilinea.

    Successivamente partecipò alla prima edizione dei mondiali che si svolse ad Helsinki dove vinse la medaglia di bronzo nei 200 e quella d'argento con la staffetta 4x100. Un anno dopo, scese in pista nella sua quarta finale olimpica consecutiva dei 200 m, primo atleta al mondo a compiere tale impresa. In quest'occasione, anche se campione uscente, terminò al settimo posto e, a fine stagione, si ritirò dalle competizioni per la seconda volta.

    Ancora una volta, Mennea fece il suo ritorno e gareggiò nelle sue quinte Olimpiadi a Seul nel 1988, sempre nei 200 metri, dove si ritirò dopo aver superato il primo turno delle batterie. In quest'edizione dei Giochi fu alfiere portabandiera della squadra azzurra durante la cerimonia d'apertura.

    Dal punto di vista tecnico Mennea (come in seguito Carl Lewis ) aveva una partenza dai blocchi relativamente lenta ma progressivamente accelerava riuscendo a raggiungere velocità di punta superiori a qualunque atleta. Questa partenza lenta ha relativamente penalizzato le sue prestazioni sui 100 metri (dove comunque ha primeggiato a livello europeo), mentre le gare sui 200 si concludevano spesso con rimonte ai limiti del prodigioso (come la finale delle olimpiadi di Mosca). Sempre grazie alla sua eccezionale velocità di punta le ultime frazioni e le relative rimonte di Mennea nella 4x100 (nelle quali partiva lanciato) erano impressionanti per la superiorità sugli altri atleti.

    Mennea era allenato dal marchigiano Carlo Vittori.



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    Messaggio Da annika Lun Apr 01, 2013 8:50 pm

    thomas ha scritto:Uomini & Donne dello Sport! MENNEA_Pietro


    Pietro Mennea
    Pietro Paolo Mennea (Barletta, 28 giugno 1952 – Roma, 21 marzo 2013) è stato un atleta, politico e avvocato italiano.

    Campione olimpico (1980) e detentore del primato mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 (con il tempo di 19"72, attuale record europeo).

    Biografia
    Nacque in una modesta famiglia di Barletta. Il padre era sarto e la mamma casalinga. Dopo le medie si iscrisse a ragioneria. Un curioso aneddoto racconta che all'età di 15 anni, su uno stradone di Barletta, sfidò in velocità una Porsche e un'Alfa Romeo 1750 a piedi, sui 50 metri, battendole entrambe e guadagnando le 500 lire per pagarsi un biglietto d'ingresso al cinema o un panino. Successivamente proseguì gli studi all'I.S.E.F.

    Si laureò a Bari una prima volta in scienze politiche, su consiglio di Aldo Moro, allora ministro degli Esteri. Conseguì poi anche le lauree in giurisprudenza, scienze motorie e sportive e lettere.

    Era coniugato con Manuela Olivieri, avvocatessa.

    Nel 2000 il nome di Mennea tornò agli onori delle cronache quando l'Università degli Studi dell'Aquila, presso cui aveva partecipato a un concorso per la cattedra di Sistematica, regolamentazione e organizzazione dell'attività agonistica presso la facoltà di Scienze motorie, gli propose l'assunzione, dato che si era classificato primo in graduatoria, ma, giudicando la posizione di professore a contratto (istituto di diritto privato) incompatibile con la carica di membro del Parlamento europeo (carica di natura pubblica), gli chiese le dimissioni da quest'ultima. La vicenda provocò polemiche e interrogazioni parlamentari. Tuttavia il Governo Amato II, rappresentato dall'allora Sottosegretario di Stato per l'Università e la Ricerca Scientifica e Tecnologica on. Luciano Guerzoni, diede ragione all'Università.

    Mennea è stato docente a contratto di Legislazione europea delle attività motorie e sportive presso la Facoltà di Scienze dell'Educazione Motoria dell'Università "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara.

    Nel 2006 ha dato vita, insieme con la moglie, alla "Fondazione Pietro Mennea", onlus di carattere filantropico, che effettua donazioni e assistenza sociale ad enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici. Lo scopo secondario è di carattere culturale e consiste nel diffondere lo sport e i suoi valori, nonché promuovere la lotta al doping.

    Oltre alla carriera sportiva, ha operato come insegnante di educazione fisica, curatore fallimentare, eurodeputato (a Bruxelles dal 1999 al 2004) e commercialista. È stato, per alcuni mesi, anche direttore generale della Salernitana nell'annata 1998-1999.

    Nel 2010, insieme con la consorte (entrambi legali con studio a Roma, ubicato vicino al Tribunale Civile), si occupava di class action negli Stati Uniti per difendere alcuni risparmiatori italiani finiti nel crac della Lehman Brothers.

    Muore il 21 marzo 2013, all'età di 60 anni, in una clinica di Roma, a causa di un tumore al pancreas. E' sepolto nel Cimitero Flaminio a Roma.
    Carriera sportiva
    Mennea iniziò la sua lunga carriera atletica internazionale nel 1971, quando debuttò ai Campionati europei con un terzo posto nella staffetta 4×100 metri e un sesto nei 200 metri. Fece il suo debutto olimpico a Monaco di Baviera, ai Giochi olimpici estivi del 1972, dove raggiunse la finale dei 200 m, la specialità nella quale era più forte. Tagliò il traguardo al terzo posto, dietro al sovietico Valerij Borzov e all'americano Larry Black. A questa sarebbero seguite altre tre finali olimpiche nella stessa specialità.

    Ai Campionati europei del 1974, Mennea vinse l'oro nei 200 m davanti al pubblico di casa di Roma, e si piazzò secondo nei 100 m (dietro a Borzov, suo rivale storico) e nella staffetta veloce. Dopo alcune prestazioni deludenti, nel 1976 Mennea decise di saltare i Giochi olimpici, ma il pubblico italiano protestò e Mennea andò a Montréal. Riuscì a qualificarsi per la finale dei 200 m, ma vide l'oro finire nelle mani del giamaicano Don Quarrie, mentre lui finì ai piedi del podio, quarto. Lo stesso risultato, mancando di poco il bronzo, venne raggiunto nella staffetta 4x100 metri. Nel 1978, a Praga, difese con successo il suo titolo europeo dei 200 m, ma mostrò le sue doti anche sulla distanza più breve, vinta anch'essa. In quell'anno si aggiudicò anche l'oro nei 400 metri piani agli europei al coperto.

    Nel 1979, Mennea, studente di scienze politiche, prese parte alle Universiadi, che si disputavano sulla pista di Città del Messico. Il tempo con cui vinse i 200 metri piani, 19"72, era il nuovo record del mondo: esso resistette per ben 17 anni, ma va tenuto conto del fatto che fu ottenuto correndo a oltre duemila metri di quota come del resto il precedente primato, stabilito da Tommie Smith sempre a Città del Messico (si noti comunque che Mennea detenne anche il record del mondo a livello del mare dal 1980 al 1983, con 19"96, tempo stabilito nella sua città natale, Barletta). Il record venne battuto da Michael Johnson ai trials statunitensi per le Olimpiadi del 1996.

    In quanto detentore del primato mondiale, Mennea era senz'altro uno dei favoriti per l'oro olimpico a Mosca anche a causa del boicottaggio statunitense delle Olimpiadi del 1980. Nella finale dei 200 m, Mennea affrontò il campione uscente Don Quarrie e il campione dei 100 m Allan Wells. Wells sembrò dirigersi verso una vittoria netta ma Mennea gli si avvicinò sul rettilineo e lo sopravanzò negli ultimi metri, aggiudicandosi l'oro per 2 centesimi di secondo. Vinse anche il bronzo con la staffetta 4×400 metri.

    Mennea, soprannominato la Freccia del Sud, nel 1981 annunciò il suo ritiro concedendosi più tempo per lo studio. Successivamente ritornò sui suoi passi e l'anno dopo prese parte agli europei gareggiando però solo nella 4x100 in cui arrivò quarto.

    Il 22 marzo 1983 stabilì il primato mondiale (manuale) dei 150 metri piani, con 14"8 sulla pista dello stadio di Cassino: questo primato è ancora imbattuto, perché il tempo di 14"35 stabilito il 17 maggio 2009 da Usain Bolt a Manchester non è stato omologato dalla Federazione in quanto stabilito su pista rettilinea.

    Successivamente partecipò alla prima edizione dei mondiali che si svolse ad Helsinki dove vinse la medaglia di bronzo nei 200 e quella d'argento con la staffetta 4x100. Un anno dopo, scese in pista nella sua quarta finale olimpica consecutiva dei 200 m, primo atleta al mondo a compiere tale impresa. In quest'occasione, anche se campione uscente, terminò al settimo posto e, a fine stagione, si ritirò dalle competizioni per la seconda volta.

    Ancora una volta, Mennea fece il suo ritorno e gareggiò nelle sue quinte Olimpiadi a Seul nel 1988, sempre nei 200 metri, dove si ritirò dopo aver superato il primo turno delle batterie. In quest'edizione dei Giochi fu alfiere portabandiera della squadra azzurra durante la cerimonia d'apertura.

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    Messaggio Da coyote irrequieto Mar Ago 27, 2013 5:15 pm

    Tony Cairoli

    Antonio "Tony" Cairoli (Patti, 23 settembre 1985) è un pilota motociclistico italiano, vincitore di 7 titoli mondiali (2 in MX2 e 5 in MX1).
    Salito per la prima volta su una minicross a quattro anni...

    http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Cairoli

    http://www.tonycairoli.com/w2/

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    Messaggio Da annika Sab Lug 18, 2015 10:26 pm

    Prima di qualche settimana in pochi conoscevano Caitlyn Jenner,vista la sua parobola personale, credo meriti un post

    Caitlyn Jenner

    Uomini & Donne dello Sport! Caitlyn-jenner-new-i-am-cait-promo



    Caitlyn Jenner, nata William Bruce Jenner (Mount Kisco, 28 ottobre 1949), è un personaggio televisivo ed ex atleta statunitense, specializzata nelle prove multiple.

    Ha vinto la medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Montreal 1976.


    Biografia

    Caitlyn Jenner (William Bruce) nacque a Mount Kisco, New York, figlia di Esther e William Hugh Jenner. Ha un fratello, Burt, e una sorella, Nicole, ambedue più giovani di lei. Burt rimase ucciso in un incidente stradale a Canton, nel Connecticut, poco dopo il successo di William alle Olimpiadi del 1976.

    Ha frequentato la Newtown High School a Newtown, Connecticut, dopo avere studiato un anno alla Sleepy Hollow High School, a Sleepy Hollow. Inizialmente cominciò a giocare in una squadra di football alla Graceland University, ma successivamente decise di smettere per praticare il decathlon. Jenner debuttò con il decathlon nel 1970.

    Le Olimpiadi di Montreal 1976

    La vittoria ai Giochi olimpici di Montreal 1976, ha reso Jenner molto popolare soprattutto in patria. La sua impresa è raccontata nel film Jeux de la XXIème olympiade. Nel film, come in molti film ufficiali sui Giochi olimpici, viene dato molto risalto alla gara di decathlon. Alle olimpiadi canadesi la sfida è tra Jenner, allora detentrice del primato del mondo, il russo Nikolai Avilov e il tedesco dell'ovest Guido Kratschmer.

    L'Olimpiade è da sempre simbolo di fratellanza tra i popoli e nel film viene volutamente messa in risalto la stima reciproca, quasi amicizia, tra i vari contendenti (il fatto di ritrovarsi tre/quattro volte l'anno a gareggiare per due giorni consecutivi in dieci gare a stretto contatto favorisce i rapporti), seppur sostenuta da una sana rivalità. L'impresa di Jenner ha inoltre ispirato il videogioco per PC Bruce Jenner's World Class Decathlon.

    Vita privata

    Dal 1972 al 1980 è stata sposata con Chrystie Crownover, da cui ha avuto due figli: Burton Wiliam "Burt" Jenner (6 settembre 1978), chiamato così in onore del fratello scomparso e Cassandra Lynn "Casey" Jenner (10 luglio 1980).

    Dal 1981 al 1985 è stata sposata con Linda Thompson, da cui ha avuto due figli: Brandon Jenner (4 giugno 1981) e Brody Jenner (21 agosto 1983).

    Il 21 aprile 1991 sposa Kris Jenner. La coppia ha avuto due figlie: Kendall Nicole Jenner (3 novembre 1995) e Kylie Kristen Jenner (10 agosto 1997). Nel 2014 la coppia ha annunciato la separazione.

    Nell'aprile 2015, in un noto programma americano, annuncia il fatto di sentirsi donna, e di volere perciò iniziare la transizione perché il suo corpo corrisponda al suo sentire.

    Nel giugno 2015, la rivista statunitense Vanity Fair pubblica in esclusiva, in copertina, le foto di Jenner post-transizione che si presenta al mondo intero con il nuovo nome di Caitlyn.

    Record personali

       Decathlon: 8634 punti (Montreal, 30 luglio 1976)

    Principali vittorie

       Olimpiadi 1976





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    Messaggio Da annika Sab Lug 18, 2015 10:57 pm

    Arthur Ashe

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    Arthur Robert Ashe, Jr. (Richmond, 10 luglio 1943 – New York, 6 febbraio 1993) è stato un tennista statunitense.

    Vincitore di tre Slam, tra cui l'edizione del 1975 di Wimbledon, Ashe è anche ricordato per il suo grande contributo per il volontariato e l'aiuto dei bisognosi.


    Biografia

    Durante la giovane età Ashe era basso e poco coordinato. Ma da quando iniziò a frequentare la scuola si diede alla pratica di varie discipline sportive, tra le quali il tennis, la pallacanestro e il football americano. Nel tennis vinse il titolo statale, mentre nel football aiutò la sua squadra ad arrivare al titolo cittadino, giocando come Wide receiver.

    Ashe iniziò ad attirare l'attenzione degli appassionati di tennis dopo che vinse un premio tennistico a UCLA nel 1963; nello stesso anno divenne il primo afroamericano ad essere selezionato per giocare nella squadra statunitense in Coppa Davis.

    Nel 1965 Ashe vinse il titolo individuale NCAA e diede un importante contributo alla vittoria di UCLA del titolo a squadre NCAA. Con questa carriera universitaria costellata di successi, Ashe ascese facilmente ad essere considerato uno dei migliori giocatori dell'intero panorama mondiale, grazie anche al suo passaggio tra i professionisti nel 1969.

    A partire dal 1969 era opinione comune che Ashe fosse il miglior giocatore maschile statunitense. Egli vinse il primo Us Open dell'era open e aiutò gli Stati Uniti a vincere nello stesso anno la Coppa Davis.

    Dato che il tennis pro non stava ricevendo una importanza mediatica commensurabile alla crescente popolarità dello sport in generale, Ashe fu una delle figure chiave nella fondazione dell'Association of Tennis Professionals (ATP).

    In questo anno Ashe dovette superare un'altra prova, quando gli fu impedito dal governo di Johannesburg di giocare gli Open organizzati in Sudafrica. Ashe decise di usare questo caso internazionale per avviare una campagna di denuncia nei confronti dell'Apartheid arrivando a chiedere l'espulsione della federazione sudafricana dal circuito tennistico professionale.

    L'anno successivo aggiunse, nel frattempo, al suo palmarès un secondo titolo del Grande Slam, l'Australian Open.

    Nel 1975, dopo alcuni anni di risultati di non altissimo livello, Ashe giocò la migliore stagione della sua carriera, vincendo il torneo più prestigioso del mondo, Wimbledon, sconfiggendo inaspettatamente in finale Jimmy Connors.

    Rimane anche attualmente il solo giocatore di colore ad aver vinto il singolare maschile a Wimbledon, all'US Open o all'Australian Open e uno dei due tennisti di colore ad aver vinto un torneo singolare maschile del Grande Slam insieme a Yannick Noah che vinse il Roland Garros nel 1983.

    Ashe giocò per altri anni, ma dopo essere stato colpito da un infarto nel 1979, si ritirò nel 1980.

    Nella sua autobiografia pubblicata nel 1979 Jack Kramer ha inserito Ashe al ventunesimo posto della classifica dei migliori tennisti di tutti i tempi.

    Dopo il suo ritiro Ashe assunse tanti altri compiti come scrivere per il TIME, fare il commentatore per la ABC Sport, fondare la National Junior Tennis League ed essere il capitano della squadra statunitense di Coppa Davis. Nel 1983 Ashe subì un secondo attacco di cuore. Senza la sorpresa di nessuno nel 1985 fu nominato nella Tennis Hall of Fame.

    La vita di Ashe subì una svolta tragica nel 1988 quando scoprì di aver contratto il virus HIV durante una trasfusione di sangue subita durante una delle due operazioni che subì al cuore. Lui e sua moglie mantennero segreta la notizia della malattia sino all'8 aprile 1992 quando USA Today riportò la notizia del suo grave stato di salute.

    egli ultimi anni della sua vita Ashe prestò molta attenzione alla diffusione dell'AIDS nel mondo. Due mesi prima di morire fondò la Arthur Ashe Institute for Urban Health per aiutare le persone dotate di un'assicurazione medica insufficiente alla propria salute; questa fondazione fece sì che Ashe fosse nominato sportivo dell'anno dal magazine di Sports Illustrated. Spese anche buona parte dei suoi ultimi anni nello scrivere le sue memorie, Days of Grace, finendo il manoscritto soltanto una settimana prima della sua morte.

    Ashe morì per le complicazioni insorte in seguito all'AIDS il 6 febbraio 1993.

    A Flushing Meadows, dove si giocano gli US Open, il campo centrale è stato intitolato alla sua memoria.
    Finali di singolare nei tornei del Grande Slam
    Vittorie (3)
    Anno Torneo del Grande Slam Avversario in finale Punteggio
    1968 US Open Paesi Bassi Tom Okker 14–12, 5–7, 6–3, 3–6, 6–3
    1970 Australian Open Australia Dick Crealy 6–4, 9–7, 6–2
    1975 Wimbledon Stati Uniti Jimmy Connors 6–1, 6–1, 5–7, 6–4
    Sconfitte (4)
    Anno Torneo del Grande Slam Avversario in finale Punteggio
    1966 Australian Open Australia Roy Emerson 6–4, 6–8, 6–2, 6–3
    1967 Australian Open Australia Roy Emerson 6–4, 6–1, 6–4
    1971 Australian Open Australia Ken Rosewall 6–1, 7–5, 6–3
    1972 US Open Romania Ilie Năstase 3–6, 6–3, 6–7, 6–4, 6–3
    Onorificenze
    Medaglia Presidenziale della Libertà - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia Presidenziale della Libertà
    — 1993, postuma


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    Messaggio Da annika Sab Nov 14, 2015 10:27 pm

    Gottfried von Cramm
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    Il barone Gottfried Alexander Maximilian Walter Kurt von Cramm (Nettlingen, 7 luglio 1909 – Il Cairo, 8 novembre 1976) è stato un tennista tedesco, uno dei migliori mai vissuti.

    Ebbe la sfortuna di doversi misurare con Fred Perry e Don Budge, due dei più grandi tennisti di tutti i tempi. Famoso per la sua condotta da gentiluomo e il fair play, si guadagnò l'ammirazione e il rispetto dei colleghi tennisti. Segretamente omosessuale, dovette giocare in condizioni di grande stress in un'epoca in cui gli omosessuali, nella Germania nazista, erano perseguitati e deportati.

    Fu inserito nell'International Tennis Hall of Fame di Newport (Rhode Island) nel 1977.

    In suo onore gli è stata intitolata una strada, la Gottfried-von-Cramm-Weg a Berlino-Wilmersdorf, dove ha sede il Rot-Weiss tennis club.

    Biografia

    Nato a Nettlingen (Bassa Sassonia, Germania), la sua famiglia faceva parte dell'antica nobiltà tedesca ed ereditò il titolo di barone.

    Nel 1932 Von Cramm si guadagnò un posto nella squadra nazionale di Coppa Davis e vinse il primo di quattro titoli nazionali di fila. Fece anche coppia con Hilde Krahwinkel, vincendo il titolo di doppio misto al Torneo di Wimbledon. Conquistò il suo primo titolo di singolare in un torneo del Grande Slam nel 1934, vincendo gli Internazionali di Francia.

    La sua vittoria lo rese un eroe in patria, ma ebbe la sfortuna di conseguirla a un anno dall'ascesa al potere di Adolf Hitler. Alto, bello e biondo, Gottfried von Cramm corrispondeva perfettamente all'immagine della razza ariana dell'ideologia nazista e il regime faceva pressione su tutti gli atleti tedeschi perché si mostrassero superiori agli avversari. Tuttavia von Cramm si rifiutò fermamente di diventare uno strumento della propaganda nazista.

    Per tre anni consecutivi fu finalista del singolare maschile a Wimbledon, perdendo incontri memorabili contro l'inglese Fred Perry nel 1935 e nel 1936. L'anno seguente perse in finale contro lo statunitense Don Budge sia a Wimbledon che agli Internazionali degli Stati Uniti. Nel 1935 venne sconfitto nella finale del Roland Garros da Perry, ma l'anno seguente lo sconfisse, vincendo il secondo titolo agli Internazionali di Francia. Nel tentativo di portare von Cramm dalla propria parte, il regime nazista punì la sua insubordinazione impedendogli di competere agli Internazionali di Francia nel 1937, anche se era il campione uscente.

    Nonostante i suoi risultati nei tornei del Grande Slam, Gottfried von Cramm è ricordato soprattutto per l'incontro con Don Budge durante la Coppa Davis del 1937. Von Cramm era avanti 4-1 nell'ultimo set, quando Budge si lanciò nella rimonta, vincendo alla fine per 8-6 in un incontro considerato da molti come la più grande battaglia negli annali della Coppa Davis e uno dei principali incontri nella storia del tennis. In un'intervista dopo l'incontro, Budge rivelò che von Cramm aveva ricevuto una telefonata da Hitler a pochi minuti dall'inizio del match, che ne era uscito pallido e serioso e che giocò ogni punto come se la sua vita dipendesse dall'esito dell'incontro.

    Nel 1938 von Cramm raggiunse il punto di rottura con il governo nazista. Anche se fu sempre rispettoso, continuò a rifiutarsi di associarsi alla propaganda del regime. Nonostante la sua enorme popolarità, nel marzo del 1938 fu arrestato e dovette affrontare un processo per il crimine di omosessualità. Giudicato colpevole, fu condannato a un anno di prigione. I suoi amici nel tennis internazionale ne furono indignati: Don Budge raccolse le firme di atleti di primo piano e inviò una lettera di protesta a Hitler.

    Finalmente libero, nel maggio 1939 von Cramm ritornò alle competizioni tennistiche, ma il clima politico estremamente teso gli provocò dei problemi in Inghilterra. Dopo un veto iniziale, gli fu permesso di gareggiare al torneo del Queen's Club a Londra, che vinse battendo lo statunitense Bobby Riggs per 6-0, 6-1. Ciononostante, i dirigenti di Wimbledon si rifiutarono di farlo giocare, adducendo come motivazione che si trattava di un pregiudicato e quindi privo dei requisiti morali per la partecipazione al torneo.

    Guerra e dopoguerra

    Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, von Cramm dovette prestare servizio nell'esercito tedesco. Nonostante la guerra gli avesse rubato alcuni dei suoi anni migliori per il tennis, vinse un altro campionato nazionale tedesco nel 1948 e aveva già quarant'anni quando lo vinse per l'ultima volta l'anno seguente. Giocò in Coppa Davis fino al suo ritiro dalle competizioni, dopo la stagione 1953, e detiene ancora il record per il maggior numero di vittorie in Coppa Davis tra i tennisti tedeschi.

    Dopo il ritiro, funse da amministratore della Federazione tennistica tedesca. Ebbe successo con un'impresa di importazione di cotone e gestì le proprietà terriere che aveva ereditato dal padre a Wispenstein, nella Bassa Sassonia.

    Von Cramm faceva parte dell'elite della società europea e divenne amico della statunitense Barbara Hutton, ereditiera della famiglia Woolworth. Nel novembre 1955, dopo il fallimento del suo quinto matrimonio, la Hutton, affranta, cercò sicurezza e amicizia nell'omosessuale von Cramm. I due si sposarono, ma divorziarono nel 1959.

    Gottfried von Cramm rimase ucciso in un incidente automobilistico nei pressi del Cairo nel 1976.


    Risultati nei tornei del Grande Slam

    Internazionali d'Australia

       Finalista nel doppio: 1938

    Internazionali di Francia

       Campione di singolare: 1934, 1936
       Finalista nel singolare: 1935
       Campione di doppio: 1937

    Torneo di Wimbledon

       Finalista di singolare: 1935-37
       Campione di doppio misto: 1933

    Internazionali degli Stati Uniti

       Finalista nel singolare: 1937
       Campione di doppio: 1937


    wikipedia


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    Messaggio Da Kim Winchester Lun Gen 11, 2016 9:05 pm

    Jesse Owens

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    James Cleveland Owens, detto Jesse (Oakville, 12 settembre 1913 – Tucson, 31 marzo 1980), è stato un atleta statunitense, noto per la sua partecipazione alle Olimpiadi del 1936, svoltesi a Berlino, dove vinse quattro medaglie d'oro e fu la stella dei Giochi
    L'infanzia e gli inizi
    Originario dell'Alabama, a nove anni Owens si trasferì con la famiglia a Cleveland, nell'Ohio.
    Conobbe miseria e povertà e visse secondo la filosofia "arrangiarsi per vivere" come altri milioni di ragazzi neri nel periodo della Grande depressione americana. Il nome Jesse gli venne dato da un'insegnante di Cleveland che non comprendeva il suo slang con un forte accento del sud, quando il piccolo James Cleveland disse di chiamarsi J.C. Studente delle scuole tecniche, dopo la scuola lavorò in un negozio di scarpe e, quando ne aveva tempo, si allenava nella corsa, che gli piaceva molto. Nel 1933, ai campionati nazionali studenteschi, catturò improvvisamente l'attenzione di tutto il mondo sportivo con grandi prestazioni nella velocità e nel salto in lungo; questo gli fece ottenere l'ammissione nell'Università statale dell'Ohio, in realtà annunciarono la sua ammissione ufficiale solo dopo che il padre ebbe ottenuto un posto di lavoro sicuro. Poté allora cominciare a dedicarsi seriamente all'atletica.
    Il 25 maggio 1935, nel giro di 45 minuti, al Big Ten meet di Ann Arbor, nel Michigan, stabilì i record del mondo di: salto in lungo con la misura di 8,13 metri (record straordinario, destinato a durare fino al 1960), 220 iarde piane in rettilineo (20"3), 220 iarde a ostacoli in rettilineo (22"6, primo uomo a scendere sotto i 23"), ed eguagliò quello delle 100 iarde (9"4); da notare che i due record sulle 220 iarde erano validi anche per i 200 metri, sia piani che a ostacoli, per cui in realtà i record del mondo stabiliti o eguagliati da Owens in quella memorabile giornata furono sei.
    Il trionfo alle Olimpiadi del 1936
    Owens durante la gara di salto in lungo a Berlino 1936.
    Owens vinse quattro medaglie d'oro alle Olimpiadi di Berlino: il 3 agosto vinse i 100 metri, il 4 agosto il salto in lungo, il 5 agosto i 200 metri e il 9 agosto la staffetta 4×100. Owens, sazio di successi (e ignaro del fatto che stava per stabilire un record storico) era pronto a rinunciare alla staffetta per lasciare il posto alle riserve. Dichiarò: "Ho già vinto tre medaglie d'oro. Lasciamoli gareggiare, se lo meritano!". Ma i suoi dirigenti, che vollero mettere in campo la squadra migliore, gli ordinarono di rimanere in pista.
    Dopo che venne aggiunto alla squadra della staffetta, il 9 agosto concluse le sue fatiche olimpiche con la vittoria in quest'ultima specialità. Il suo record di quattro ori in una stessa Olimpiade (nell'atletica leggera) fu eguagliato soltanto alle Olimpiadi di Los Angeles 1984 dal connazionale Carl Lewis, che vinse quattro ori nelle stesse gare.
    La conquista della medaglia d'oro nel salto in lungo ai Giochi olimpici di Berlino da parte di Owens ha fornito alla stampa di tutto il mondo il pretesto per creare un caso di discriminazione razziale di cui il leggendario atleta sarebbe stato vittima. Dopo un mese dalla vittoria, in un'intervista disse:
    « Vero, Hitler non mi ha stretto la mano ma fino a qui non lo ha fatto neanche il presidente degli Stati Uniti. »
    (L'oro di Owens fa ancora storia, articolo su La Stampa, 9 dicembre 2013)
    Nel pomeriggio di quel 4 agosto, infatti, allo stadio olimpico era presente anche Adolf Hitler. Di fronte alla vittoria di Owens contro il tedesco Luz Long (il migliore atleta tedesco, nonché amico di Owens), si dice che il Führer indispettito si sia alzato e uscito dallo stadio per non stringere la mano al nero americano. In realtà le cose andarono diversamente. Come scrisse nella sua autobiografia, "The Jesse Owens Story", Owens stesso raccontò come Hitler si alzò in piedi e gli fece un cenno con la mano:
    « Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un'ostilità che non ci fu affatto. »
    (Jesse Owens, The Jesse Owens Story, 1970.
    Per ironia della sorte, fu il presidente statunitense dell'epoca, Franklin D. Roosevelt, in quel periodo impegnato nelle elezioni presidenziali del 1936 e preoccupato della reazione degli Stati del sud, a cancellare un appuntamento con il pluriolimpionico alla Casa Bianca. Owens quindi si iscrisse al Partito Repubblicano facendo campagna per il suo candidato alla presidenza per il 1936 Alf Landon. Nel 1955 il Presidente Dwight D. Eisenhower, repubblicano ed ex atleta lo nominò "Ambasciatore dello Sport".
    Dopo Berlino
    Dopo Berlino passò al professionismo disputando anche gare ad handicap. Owens concedeva ai velocisti locali dieci o venti iarde di vantaggio, battendoli ugualmente sulla distanza delle 100 iarde. Inoltre sfidò e sconfisse dei cavalli da corsa, anche se con un trucco che consisteva nel correre contro dei veri e propri purosangue che si sarebbero spaventati con il colpo di pistola dello starter, concedendogli un buon vantaggio. Poi passò all'insegnamento.
    Nel dopoguerra cominciò un nuovo lavoro come preparatore atletico della famosa squadra di pallacanestro degli Harlem Globetrotters, scendendo anche lui sul parquet e dando dimostrazioni dello scatto dai blocchi e della tecnica di passaggio degli ostacoli.
    Nel 1976 venne premiato con la Medaglia presidenziale della libertà, il massimo titolo per un civile americano, dal Presidente repubblicano degli Stati Uniti Gerald Ford, che lo omaggiò con queste parole:
    « Owens ha superato le barriere del razzismo, della segregazione e del bigottismo mostrando al mondo che un afro-americano appartiene al mondo dell'atletica. »
    Per tutta la vita egli attribuì il successo della sua carriera all'incoraggiamento di Charles Riley, il suo allenatore di atletica delle scuole medie, che lo aveva preso dal cortile della ricreazione e messo nella squadra di atletica (si veda Harrison Dillard, un atleta di Cleveland ispirato da Owens).
    Owens morì di cancro ai polmoni all'età di 66 anni a Tucson, Arizona. È sepolto nell'Oak Woods Cemetery, di Chicago.
    Nel 1984 una strada di Berlino venne ribattezzata in suo onore e il 28 marzo 1990 gli fu assegnata postuma la Medaglia d'oro del Congresso dal presidente statunitense George H. W. Bush.
    Nel dicembre 2013, una delle medaglie vinte da Owens ai Giochi olimpici di Berlino 1936 è stata battuta all'asta al milionario Ron Burkle per 1,4 milioni di dollari.
    Palmarès
    Anno Manifestazione Sede Evento Risultato Prestazione Note
    1936 Giochi olimpici Germania Berlino 100 m piani Oro Oro 10"3
    200 m piani Oro Oro 20"7 Record mondiale
    Salto in lungo Oro Oro 8,06 m Record olimpico
    4×100 m Oro Oro 39"8 Record mondiale
    Onorificenze
    Medaglia Presidenziale della Libertà - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia Presidenziale della Libertà
    — 1977
    Medaglia d'oro del Congresso - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro del Congresso
    — 20 settembre 1988


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    Messaggio Da annika Gio Mar 17, 2016 8:41 pm

    Nadia Comaneci



    Grazia, volteggi e fuga






    Uomini & Donne dello Sport! Nadia_Comaneci_1

    Uomini & Donne dello Sport! Nadia_Comaneci


    Il nome di Nadia Comaneci sarà per sempre legato indissolubilmente alle Olimpiadi di Montreal (Canada) del 1976. Nadia Elena Comaneci, indimenticata ginnasta, nasce il 12 novembre 1961 a Onesti, Romania. I genitori Gheorghe e Stefania-Alexandrina, scelgono il nome ispirati dall'eroina del film russo "Nadezhda", che significa 'Speranza'.

    Inizia a praticare sport in modo costante già alla tenerissima età di tre anni. Nel 1967 si unisce alla nuovissima società sportiva di ginnastica "The Flame"; i suoi primi allenatori sono Marta Karolyi e Valeriu Munteanu.

    Nel 1970 Nadia partecipa alla sua prima competizione nazionale, gareggiando nel team della sua città natale. Nadia cade per ben tre volte, tuttavia la squadra sarà vincitrice. Nei due anni successivi Nadia Comaneci è vincitrice dei campionati juniores.

    Nel 1971 inoltre è campionessa nella sua prima gara internazionale a Ljubljana, Yugoslavia.

    A quattordici anni, nel 1975 passa alla categoria senior. Ai Campionati Europei di quell'anno (Skien, Norvegia) batte la favorite Ludmilla Tourisheva e la sedicenne stella sovietica nascente Nelli Kim. Alla dichiarazione di quest'ultima: "E' brava, ma antipatica. Vedremo fra qualche anno se riuscirà a mantenersi a questi livelli", Nadia risponde con un secco: "Nelly Kim? Chi è?".

    La "Associated Press" elegge Nadia Comaneci Atleta dell'anno 1975.

    Con questo curriculum si presenta ai XXI Giochi Olimpici di Montreal 1976. A quindici anni non ancora compiuti Nadia Comaneci incanta il mondo conquistando tre medaglie d'oro nella ginnastica artistica. Nadia Comaneci si muove con la grazia di una farfalla volteggia come una libellula: i giudici le assegnano per ben sette volte il punteggio massimo, un tondo, perfetto e cristallino "dieci". Mai nessuno prima di lei.

    Quattro anni dopo la minuta ragazza rumena si ripete alle Olimpiadi di Mosca 1980, conquistando altri due ori: il pubblico si innamora di questa ragazzina che sulla pedana si trasforma in una farfalla.

    La sua felicità e la sua bella storia, di vita e di sport, durano poco: il regime di Ceaucescu utilizza la sua immagine per propagandare la dittatura.

    Nadia viene invitata nelle manifestazioni del palazzo e insignita delle maggiori onorificenze. Viene inoltre ricoperta di favori: una bella casa, una villetta a Bucarest, una bella auto. Ovunque viaggi, viene spedita come un pacco postale da esibire. In Romania tutte le bambine giocano "a Nadia".

    Nadia Comaneci diventa inoltre l'amante di Nico, figlio del dittatore, e subisce atrocità che non oserà mai confessare.

    Un mese prima della caduta del regime di Ceausescu Nadia fugge negli Stati Uniti.

    Oggi vive a Montreal, nella città che l'ha glorificata, dove dirige una scuola di ginnastica.

    Biografie online .it





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    Messaggio Da annika Gio Mar 17, 2016 9:00 pm

    Peter Norman

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    Peter George Norman (Melbourne, 15 giugno 1942 – Williamstown, 3 ottobre 2006) è stato un atleta australiano, specializzato nella velocità e vincitore della medaglia d'argento sui 200 metri piani ai Giochi olimpici di Città del Messico 1968

    Biografia

    Nel corso dei Giochi olimpici del 1968, Peter Norman si era messo in evidenza fin dalle batterie eliminatorie dei 200 metri, quando batté il record olimpico con il tempo di 20"2. Questo record sarebbe stato superato il giorno seguente dagli statunitensi Tommie Smith e John Carlos che, vincendo le rispettive semifinali con il tempo di 20"1, si presentarono alla finale come grandi favoriti. Norman, però, riuscì ad inserirsi fra i due nello sprint finale approfittando di un leggero rallentamento di Carlos, forse partito troppo veloce, e conquistando un'inattesa medaglia d'argento.

    Più che per la gara in sé, tuttavia, Norman divenne celebre per aver partecipato a quella che probabilmente è ricordata come la più famosa protesta della storia dei Giochi olimpici quando, durante la premiazione, Smith e Carlos ascoltarono il loro inno nazionale chinando il capo e sollevando un pugno con un guanto nero, a sostegno del movimento denominato Olympic Project for Human Rights (Progetto Olimpico per i Diritti Umani). Norman espresse la sua solidarietà alla causa dei due atleti afro-americani indossando, durante la cerimonia, lo stemma dell'Olympic Project for Human Rights. Carlos aveva smarrito il proprio paio di guanti neri (l'idea originale era che i due atleti avrebbero sollevato entrambi i pugni guantati di nero) e pare che sia stato lo stesso Norman a suggerire loro di dividersi l'unico paio disponibile, indossando un guanto ciascuno: nella fotografia divenuta celebre, Smith indossa il guanto destro e Carlos il sinistro. Tuttavia la sua medaglia d'argento alle Olimpiadi del '68 spesso passa inosservata di fronte alla più famosa protesta di Carlos e Smith, tanto che molti quotidiani sportivi ancora oggi lo classificano come medaglia di bronzo e non d'argento.

    Terminata l'attività agonistica, Norman si è impegnato nel campo dei diritti civili ma non ha abbandonato il mondo dell'atletica. Venne violentemente condannato dai media australiani per quanto fatto durante la cerimonia di premiazione a Città del Messico e continuamente boicottato dai responsabili sportivi australiani. Pur qualificatosi per 100 e 200 metri per i Giochi olimpici di Monaco di Baviera 1972, ne venne escluso. L'Australia non inviò nemmeno un velocista a quella edizione dei Giochi. Peter Norman non venne nemmeno coinvolto nell'organizzazione dei Giochi olimpici di Sydney del 2000 e neppure invitato a presenziare, nonostante fosse il più grande velocista australiano di tutti i tempi.

    La sua figura, la sua partecipazione olimpica a Città del Messico nel 1968 ed il suo coraggioso appoggio all'Olympic Project for Human Rights con Tommie Smith e John Carlos sono ricordati nel film-documentario Salute diretto dal nipote Matt Norman.

    Norman fece l'insegnante, e morì a Melbourne all'età di 64 anni, a causa di un infarto. La federazione statunitense di atletica leggera ha proclamato il 9 ottobre, data del suo funerale nel 2006, Peter Norman Day. Smith e Carlos hanno salutato per l'ultima volta il loro amico al suo funerale, sorreggendone la bara.

    Solo nel 2012 il Parlamento Australiano ha approvato una tardiva dichiarazione per scusarsi con Peter Norman, riconoscendo inoltre il coraggio di Peter Norman nell'indossare il simbolo del Progetto Olimpico per i Diritti umani sul podio, in solidarietà con Tommie Smith e John Carlos, e riabilitarlo alla storia con queste parole:

    « Questo Parlamento: 1) riconosce lo straordinario risultato atletico di Peter Norman, che vinse la medaglia d'argento nella gara dei 200 metri piani ai giochi Olimpici di Città del Messico del 1968, in un tempo di 20.06, ancora oggi record australiano; 2) riconosce il coraggio di Peter Norman nell'indossare sul podio uno stemma del “Progetto Olimpico per i Diritti Umani”, in solidarietà con gli atleti afro-americani Tommie Smith e John Carlos, che effettuarono il saluto di “potere nero”; 3) si scusa con Peter Norman per il trattamento da lui ricevuto al suo ritorno in Australia, e nell'aver mancato di riconoscere il suo ruolo ispiratore prima della sua prematura morte nel 2006; 4) riconosce tardivamente il significativo ruolo che Peter Norman ebbe nel promuovere l'uguaglianza di razza. »


    wikipedia







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    Messaggio Da APUMA Ven Mar 18, 2016 10:31 am

    IVAN LENDL
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    Ivan Lendl (Ostrava, 7 marzo 1960) è un ex tennista e allenatore di tennis cecoslovacco naturalizzato statunitense.

    Vincitore di otto titoli del Grande Slam e quattro volte campione del mondo ITF, Lendl ha dominato la classifica ATP nella seconda metà degli anni ottanta. A fine carriera risulterà il giocatore rimasto al primo posto del ranking per il maggior numero di settimane (270), superando il precedente record di Connors (il primato è stato poi superato da Pete Sampras e in seguito da Roger Federer). Punto dolente della sua carriera è non essere mai riuscito a vincere il torneo di Wimbledon, dove disputò due finali e cinque semifinali in otto anni (1983-1990).

    Il suo palmarès è di 94 tornei vinti, a cui vanno aggiunti 50 tornei di singolare fuori dal circuito ATP, 6 titoli di doppio e un totale di premi in denaro di 21.262.417 dollari (record dell'epoca). La sua lunga carriera è nota per la rivalità con John McEnroe, Mats Wilander, Stefan Edberg e Boris Becker.

    Nel 2001, è stato inserito nella International Tennis Hall of Fame.

    Biografia
    Cresciuto a Ostrava, in Cecoslovacchia da genitori tennisti (sua madre Olga fu anche n. 2 nel ranking nazionale), fu iniziato al tennis molto giovane.
    Nel 1981 si è trasferito negli USA, inizialmente prese residenza presso Wojciech Fibak ma nel 1984 comprò una propria abitazione a Greenwich (Connecticut). Nel 1987 chiese ed ottenne una green card e nel 1992 divenne a tutti gli effetti cittadino degli Stati Uniti d'America.
    Il 16 settembre 1989 si è sposato con Samantha Frankel, con cui vive tuttora. La coppia ha avuto cinque figlie: Marika (1990), le gemelle Isabelle e Caroline (1991), Daniela (1993) e Nikola (1998).

    Carriera
    1978-1979: Primi anni
    Inizia a giocare nelle categorie juniores nazionali e passa ben presto ai tornei internazionali, nel 1976 vinse l'Orange Bowl e divenne anche il leader mondiale della classifica di categoria. Nel 1978 la sua eccezionale carriera giovanile culmina con le vittorie all'Open di Francia 1978 e al Torneo di Wimbledon 1978 juniores. Grazie a questi risultati Lendl debutta nel mondo dei professionisti (già a Parigi gli fu concesso di entrare anche nel tabellone principale ma fu eliminato al primo turno dall'argentino José Luis Clerc).
    Fin dal primo anno nel circuito riesce a conseguire risultati di rilievo arrivando in semifinale in due occasioni: la prima volta in settembre all'Aix-en-Provence Open venendo sconfitto ancora da Clerc e il mese successivo al Torneo Godò perdendo contro Balázs Taróczy. Chiude l'anno al 74º posto della classifica mondiale
    Nel 1979 raggiunge la sua prima finale da professionista al torneo di Bruxelles perdendo ancora per mano di Taróczy, arriva anche in semifinale nel Canada Open ma viene nettamente sconfitto dal dominatore del circuito Björn Borg. All'Open di Francia disputa un buon torneo superando anche l'anziano campione Arthur Ashe nel terzo turno prima di arrendersi nell'incontro successivo con Vitas Gerulaitis. Viceversa a Wimbledon esce al primo turno e all'US Open al secondo. A fine anno è il numero 20 del mondo.

    1980-1982: Prime vittorie
    Il 1980 è l'anno in cui Ivan raggiunge i primi grandi risultati. In marzo approda alla sua seconda finale da professionista, tuttavia a negargli la gioia della vittoria stavolta sarà Victor Amaya. Il mese dopo riesce ad ottenere il primo successo ad Houston contro Eddie Dibbs. Negli slam di Parigi e Londra perde al terzo turno. In agosto riesce a vincere a Montreal superando Borg in finale (per ritiro dello svedese). Nell'ultimo Slam di stagione raggiunge per la prima volta i quarti di finale, ad eliminarlo sarà John McEnroe. Nel finale di stagione inizia a mietere successi in sequenza vincendo diversi tornei ravvicinati; il primo a Barcellona (contro Vilas), poi a Basilea in cui riesce per la prima ed unica volta in carriera a sconfiggere lo svedese Borg, Tokyo, Hong Kong ed infine Taipei. Si qualifica per la prima volta al Master di fine anno (disputato nel gennaio dell'anno seguente). In questa occasione avviene uno degli episodi più controversi della carriera di Lendl, che lo porterà a subire diverse critiche tra cui quella diretta del collega e rivale Jimmy Connors che arrivò ad insultarlo pesantemente perfino in campo. Infatti Ivan dopo aver superato agevolmente Vilas e Solomon affrontò Connors giocando volontariamente al di sotto delle proprie capacità e secondo alcuni (tra cui lo stesso Connors) perse di proposito per evitare di affrontare in semifinale il temuto campione svedese Borg, considerato il più forte giocatore del mondo. Infatti Lendl ebbe facilmente ragione del più morbido Gene Mayer mentre Borg fu costretto a giocare una combattuta partita contro l'americano. La strategia di Ivan tuttavia fu inutile in quanto Borg sconfisse Connors in semifinale e poi in finale liquidò nettamente anche Lendl per 6-4, 6-2, 6-2. A fine anno è al sesto posto del ranking mondiale, per la prima volta in top-10.

    Il 1981 è l'anno della definitiva consacrazione, in quell'anno infatti riesce a raggiungere per la prima volta la finale di un torneo dei grande slam, a Parigi. Durante il torneo sconfigge John McEnroe nei quarti e José Luis Clerc in semifinale prima di arrendersi a Björn Borg, a cui comunque sarà in grado di strappare gli unici due set nel torneo. In precedenza aveva conseguito importanti risultati fin dall'inizio della stagione; finalista a Richomnd (contro Noah) e a La Quinta (Connors) e poi vincitore a Stoccarda e Las Vegas. Un mese dopo Parigi invece delude a Londra in cui pur essendo testa di serie numero quattro del tabellone perde subito contro lo sconosciuto Charlie Fancutt. Anche all'US Open esce anzitempo contro Vitas Gerulaitis al quarto turno, al termine del torneo Borg si ritira lasciando campo libero al rivale McEnroe, al giovane Lendl e al redivivo Connors. Dopo New York riesce a riprendere quota vincendo in sequenza a Madrid, Barcellona, Basilea e Vienna. Prima della fine della stagione riesce ad imporsi anche a Buenos Aires e nel gennaio dell'anno seguente vince Masters di fine anno superando McEnroe e Gerulaitis. A fine anno è il numero due della classifica mondiale, ha raggiunto 15 finali su 21 tornei disputati vincendone 10.

    Il 1982 inizia alla grande con vittorie a Delray Beach, Genova, Monaco, Strasburgo, Francoforte, Houston e al WCT Finals 1982. Durante questa parte di stagione Lendl infila una striscia di 44 vittorie consecutive (solo due in meno del record di Guillermo Vilas). In maggio vince anche a Forest Hills ma al Roland Garros, pur essendo uno dei giocatori più attesi e testa di serie numero due, viene eliminato a sorpresa dal debuttante Mats Wilander che poi si aggiudicherà il titolo. Dopo Parigi non partecipa a Wimbledon e in luglio vince a Washingtone North Conway presentandosi all'US Open tra i grandi favoriti. Riesce a raggiungere per la prima volta la finale superando Wilander, Warwick e McEnroe ma all'ultimo atto Connors gli nega la vittoria del primo slam in carriera. Prima della fine della stagione si aggiudica il torneo di Cincinnati e soprattutto il secondo Master di fine anno consecutivo superando Yannick Noah, Jimmy Connors e John McEnroe senza perdere nessun set in tutto il torneo. A fine anno ha vinto 15 tornei ed è al terzo posto del ranking mondiale dietro McEnroe e Connors.

    1983-1991: Gli anni migliori
    Nel 1983 si deve attendere marzo per vederlo trionfare in un torneo (a Milano), in precedenza era stato sconfitto in finale due volte (da McEnroe e Curren. Grazie a questi piazzamenti il 28 febbraio 1983 diventa il sesto giocatore della storia a raggiungere la vetta del ranking mondiale (il primo, e fino al 1998 l'unico, a riuscirci senza aver vinto nessun titolo del Grande Slam), strappandola a Connors e mantenendola per undici settimane prima di ricederla all'americano. Prima di partecipare al primo slam stagionale riesce a vincere anche ad Houston ed a Hilton Head, inoltre arriva in finale al WCT Finals 1983, battuto da John McEnroe. A Parigi, confermando la tradizione, non riesce ad imporsi nonostante il suo gioco da fondo sia avvantaggiato dalla superficie di gioco. Stavolta è l'idolo di casa Yannick Noah a bloccarlo nei quarti di finale. In preparazione a Wimbledon arriva in semifinale al Queen's Club Championships, superato da Connors e anche nel torneo londinese raggiunge il medesimo risultato (eliminato da McEnroe). Dopo Londra vince a Montreal e arriva per la seconda volta consecutiva in finale all'US Open, ancora sconfitto per mano di Connors. Nel finale di stagione riconquista la vetta del ranking e vince a San Francisco e a Tokyo e prende parte, dopo due anni di assenza, all'Australian Open. Partito come testa di serie numero 1 (per la prima volta in uno slam) Lendl disputa un ottimo torneo e riesce ad imporsi sui quotati Pat Cash, Tomáš Šmíd e Tim Mayotte ma in finale si arrende a Mats Wilander, per il cecoslovacco è la quarta sconfitta in quattro finali del grande slam. Al Master di fine anno perde in finale contro McEnroe e scende al secondo posto della classifica mondiale.

    Il 1984 è l'anno di John McEnroe. L'americano sembra imbattibile e per tutta la prima parte della stagione si aggiudica praticamente tutti i tornei a cui partecipa. Lendl ne paga le conseguenze perdendo quattro volte in altrettante partite nei primi cinque mesi di stagione e accontentandosi solo delle briciole. I due si affrontano nella finale del Roland Garros ed è qui che Lendl (che in semifinale aveva eliminato Wilander) si prende la più clamorosa delle rivincite. Sotto di due set, Ivan riuscì a compiere una vera e propria impresa, rimontando e aggiudicandosi così l'incontro (3-6 2-6 6-4 7-5 7-5). McEnroe, letteralmente infuriato per la sconfitta (a suo stesso dire la peggiore e più bruciante della sua intera carriera), lasciò il palco della premiazione senza proferire alcun commento e ricevendo così gli assordanti fischi del pubblico. Con la vittoria di Parigi il cecoslovacco conquistava finalmente il suo primo titolo nel grande slam. Dopo Parigi McEnroe tornò a dettare legge per tutto il resto della stagione vincendo a Wimbledon contro Connors (che aveva eliminato Lendl in semifinale) e soprattutto all'US Open, dove poté prendersi la rivincita battendo 6-3 6-4 6-1 il cecoslovacco in finale. Anche al Master di fine anno Lendl fu sconfitto dall'americano in finale. I due si alternano anche in vetta al ranking mondiale per la prima parte di stagione, da agosto in poi McEnroe detiene stabilmente lo scettro nella classifica.

    Nel 1985 vince il WCT Finals 1985 superando Edberg, Connors e Mayotte e alcuni tornei minori nella prima parte di stagione ma non riesce a confermarsi nel primo slam a Parigi. In quel torneo supera Connors in semifinale ma viene sconfitto da Wilander nell'atto conclusivo. A Wimbledon conferma la scarsa adattabilità del suo gioco sulle superfici veloci non andando oltre il quarto turno, eliminato da Henri Leconte. La rivincita arriva a New York dove disputa un torneo eccezionale superando Yannick Noah, Jimmy Connors e l'odiato John McEnroe nella quarta finale consecutiva della competizione, aggiudicandosi il suo primo titolo a New York e secondo nel grande Slam. Con questa vittoria riprende dopo un anno la vetta del ranking mondiale, consolidando il primato nei mesi successivi vincendo a Stoccarda, Tokyo, Sidney e Wembley. Nell'ultimo Slam stagionale viene battuto in semifinale da Stefan Edberg. Chiude l'anno con undici tornei vinti e al numero uno del ranking mondiale, coronata con la conquista anche del Master battendo Boris Becker nella finale (la sesta consecutiva in questa competizione).

    Nel 1986 sembra imbattibile, vince a Philadelphia, Boca Raton, Milano e Fort Myers prima di essere battuto in finale da Becker a Chicago. In preparazione all'Open di Francia vince anche gli Internazionali d'Italia e a Parigi vince nettamente il primo slam della stagione battendo nettamente in tre set Mikael Pernfors nella finale. Dopo Parigi si concentra sullo slam londinese, da lui reputato il torneo più prestigioso in cui a causa del suo gioco da fondo non ha mai brillato. A Wimbledon disputa un grande torneo ma viene fermato in finale dal campione in carica Becker, specialista dei campi in erba, vanificando il sogno del cecoslovacco di poter vincere il titolo. Dopo Londra vince a Stratton Mountain e soprattutto all'US Open eliminando lungo il percorso Leconte ed Edberg ed avendo ragione del connazionale Miloslav Mečíř in tre set nella finale. Dopo aver vinto l'ultimo slam stagione (quell'anno l'Australian Open non si terrà perché verrà spostato nel calendario a gennaio del 1987) il suo rendimento subisce una leggera flessione, non riuscendo più a vincere tornei fino a dicembre, quando conquista il suo quarto Master (secondo consecutivo) vincendo tutte le partite del suo gruppo contro Yannick Noah, Stefan Edberg ed Andrés Gómez. Poi in semifinale piega Wilander e in finale si prenda la rivincita contro Becker che a giugno gli aveva impedito di conquistare Wimbledon. Chiude l'anno al numero uno del ranking mondiale, posizione mai ceduta nel corso di tutta la stagione.

    La stagione 1987 inizia con l'Australian Open (ricollocato a gennaio nel tentativo, riuscito, di fargli riguadagnare la popolarità persa negli ultimi 15 anni). Lendl approda in semifinale ma viene sconfitto da Pat Cash. La prima parte di stagione è abbastanza deludente e vede come massimo risultato la finale a Miami, in cui dopo aver superato l'anziano Connors viene battuto da Mečíř. Prima dello slam di Parigi si aggiudica il torneo sulla terra battuta di Amburgo presentandosi a Parigi da grande favorito; qui non delude le attese aggiudicandosi il torneo superando Mats Wilander nell'ultimo atto. A quel punto la sua attenzione è rivolta all'agognato Wimbledon; qui non delude le attese superando Johan Kriek, Henri Leconte e lo specialista Stefan Edberg ma perde a sorpresa in finale contro l'altro specialista del verde Pat Cash, anche quest'anno la delusione è grande nel veder sfumare all'ultimo atto il torneo che più di ogni altro vorrebbe vincere. Dopo alcune vittorie in tornei minori difende con successo il suo titolo all'US Open (seconda vittoria e quinta finale consecutiva) battendo tutti i suoi rivali e non perdendo nessun set lungo tutto il percorso: McEnroe nei quarti, Connors in semifinale e Wilander in finale. Nel finale di stagione raggiunge la settima finale consecutiva al Master e la vince contro Wilander. Come l'anno precedente è rimasto in vetta alla classifica mondiale per tutto l'anno.

    All'Australian Open 1988 si ripete il copione dell'anno precedente che vede Lendl eliminato in semifinale dall'australiano Pat Cash. Nei mesi seguenti in preparazione al Roland Garros vince a Monte Carlo e poi a Roma presentandosi da grande favorito nello slam parigino, in cui ha vinto le ultime due edizioni. La sua avventura è estremamente deludente poiché viene eliminato nei quarti di finale dallo svedese Jonas Svensson in soli tre set. Dopo Parigi come di consueto cura meticolosamente la preparazione per conquistare il torneo di Wimbledon, tuttavia la sua rincorsa al titolo si interrompe in semifinale per mano di Boris Becker, che già due anni prima lo aveva sconfitto nella sua prima finale londinese. All'US Open raggiunge la finale contro Mats Wilander, vincitore di due dei tre slam disputati in stagione, in una combattutissima finale di quasi cinque ore, i due si giocano, oltre il titolo, anche il primato del ranking ed è Mats a prevalere togliendo a Lendl dopo 157 settimane consecutive lo scettro del tennis mondiale (solo 3 settimane in meno del record di Connors). Nel finale di stagione Ivan raggiunge la sua nona ed ultima finale consecutiva, venendo sconfitto da Boris Becker. Termina l'anno al numero due della classifica mondiale, nel complesso la stagione è stata al di sotto delle aspettative poiché si aggiudica solo tre tornei, tra cui nessuno del grande slam per la prima volta dal 1984.

    Dopo una stagione deludente Lendl è in cerca di riscatto e lo trova immediatamente già in Australia vincendo il primo slam stagionale (per la prima volta in carriera), superando McEnroe, Muster e Mečíř. Grazie a questo risultato il 30 gennaio 1989 riconquista per l'ultima volta la vetta della classifica mondiale, mantenendola per 80 settimane. In marzo si aggiudica due tornei a Scottsdale e Miami ma il suo sguardo è già puntato su Wimbledon, unico torneo mancante del suo palmares. Nel Roland Garros subisce una cocente eliminazione a sorpresa nel quarto turno per mano della sorpresa del torneo Michael Chang. Quella partita è passata alla storia poiché Chang, colto dai crampi già alla fine del terzo set, riuscì a portare a casa la vittoria al quinto, dopo un'epica battaglia (4 ore e 38 minuti). Particolarmente celebre rimase l'ottavo gioco del quinto set quando, sul 4-3 per Chang, 15/30 per Lendl, il giovane americano si inventò di battere la palla dal basso deridendo il cecoslovacco. In giugno al Queen's (tradizionale prologo di Wimbledon) riuscì ad imporsi (grazie anche all'assenza di alcuni giocatori di primo piano dei campi d'erba) e questo fece ben sperare per Wimbledon, tuttavia il torneo non andò come previsto e pur giocando ottimamente si arrese per la terza volta a Becker in semifinale, come l'anno precedente. All'US Open Ivan raggiunge la sua ottava finale consecutiva (eliminando Jim Courier, Tim Mayotte e Andre Agassi) ma è ancora Becker a sconfiggerlo. Prima della fine della stagione vince a Bordeaux, Sidney e Stoccolma ma nel Master di fine anno per la prima volta in carriera non approda in finale, verrà infatti eliminato al penultimo atto da Stefan Edberg. Chiude l'anno al primo posto della classifica mondiale con 10 tornei vinti.

    Il 1990 inizia con una brutta eliminazione nei quarti di finale a Sidney per mano di Yannick Noah. Pochi giorni dopo Lendl riesce comunque a difendere il suo titolo nell'Australian Open conquistando il suo ottavo e ultimo titolo nel grande slam. Vince in sequenza a Milano e a Toronto ma a Stoccarda viene fermato in finale da Becker. Quell'anno Lendl prende una decisione destinata a passare alla storia: con l'intento di aggiudicarsi finalmente Wimbledon rinuncia a partecipare all'Open di Francia, in cui sarebbe stato tra i favoriti (per quanto nelle ultime due edizioni aveva dimostrato un calo di rendimento sulla terra rossa), per poter consolidare il suo stile di gioco sull'erba con maggiori incursioni a rete. La strategia sembra dare i suoi frutti quando Lendl riesce a vincere il Queen's Club Championships imponendosi su McEnroe in semifinale e Becker in finale. Nonostante l'impegno ai limiti dell'ossessione i suoi sforzi vengono vanificati in semifinale per mano di Edberg. Dopo l'ennesima delusione londinese Lendl non riesce più ad essere incisivo e il 12 agosto 1990 è l'ultimo giorno di Ivan in vetta della classifica mondiale, dopo 270 settimane complessive (nuovo record). All'US Open dopo otto finali consecutive esce nei quarti per mano del diciannovenne futuro vincitore Pete Sampras. In ottobre vince a Tokyo e nell'ATP Tour World Championships di fine anno (nuovo nome del Masters) raggiunge la semifinale (battuto da Edberg). Nella nuova competizione Grand Slam Cup perde a sorpresa nei quarti di finale contro l'americano David Wheaton. A fine anno si è aggiudicato cinque tornei ed è sceso al terzo posto della classifica mondiale.

    Il 1991 è l'ultimo anno giocato da Lendl ad alti livelli. Inizia bene raggiungendo la finale nel primo slam di stagione ma verrà sconfitto da Becker. In febbraio vince due tornei consecutivi a Philadelfia e Memphis, poi non partecipa all'Open di Francia, sempre con l'intento di aggiudicarsi Wimbledon, tuttavia a Londra la sua prestazione è estremamente deludente e non va oltre il terzo turno, eliminato da David Wheaton. Dopo aver vinto a Long Island superando Edberg in finale a New York approda per l'ultima volta in una semifinale del grande slam, sconfitto proprio da Edberg, nel torneo aveva superato Goran Ivanišević e Michael Stich. A fine anno arriva in semifinale sia nell'ATP Tour World Championships che nella Grand Slam Cup, eliminato rispettivamente da Sampras e da Chang. Nel corso della stagione si è aggiudicato 3 tornei e chiude al quinto posto del ranking mondiale.

    1992-1994: Fine carriera
    Il 1992 è l'anno del rapido declino. Dopo una buona prova in Australia in cui arriva fino ai quarti di finale, perdendo una gara molto combattuta contro Stefan Edberg, non riesce più ad ottenere risultati di rilievo perdendo sempre prima delle semifinali. Negli Slam di Parigi e Londra subisce eliminazioni al secondo e quarto turno. La prima finale dell'anno è in luglio a Toronto, sconfitto da Andre Agassi. Il mese successivo raggiunge due finali in breve tempo. Prima a Cincinnati, ma viene battuto da Pete Sampras; poi a Long Island, battuto da Petr Korda. All'US Open ottiene l'ultimo risultato di rilievo nel Grande Slam raggiungendo i quarti di finale. Durante il torneo supera l'antico rivale Connors e poi Boris Becker (rimarrà per il tennista ceco l'unica vittoria ottenuta su Becker in una prova dello slam), ma si arrende a Stefan Edberg. In ottobre a Tokyo vince l'unico torneo della stagione battendo in finale Henrik Holm. Si qualifica per l'ultima volta in carriera al Master di fine anno ma non partecipa per problemi fisici (assente per la prima volta dal 1979). A fine stagione è ottavo nella classifica mondiale e durante l'anno è riuscito a ottenere la millesima vittoria da professionista, risultato ottenuto solo da Connors in precedenza.

    Il 1993 è un anno privo di soddisfazioni, riesce a vincere gli ultimi due tornei della sua carriera (Monaco e Tokyo) e a raggiungere altre due finali (Philadelfia e Nizza) ma le sue prestazioni nel Grande Slam sono decisamente deludenti. Riesce a superare il primo turno solo a Wimbledon contro Brian Devening, verrà tuttavia eliminato subito dopo da Arnaud Boetsch, chiudendo così la sua ultima apparizione nel torneo londinese. Chiude la stagione al 19º posto della classifica mondiale; fuori dalla top-10 per la prima volta dal 1979.

    Il 1994 si apre in modo molto positivo poiché Lendl raggiunge quasi a sorpresa la finale nel New South Wales Open di Sidney, perdendo però contro Sampras, si tratta dell'ultima finale della carriera di Lendl. Pochi giorni dopo sarà nuovamente Sampras ad eliminarlo nel quarto turno dell'Australian Open. Dopo mesi di prestazioni deludenti in cui ha raggiunto come massimo risultato la semifinale ad Hong Kong (eliminato da Patrick Rafter) partecipa al Roland Garros, uscendo subito per mano di Arnaud Boetsch. Nei mesi successivi gioca poco a causa di problemi fisici, principalmente alla schiena e non si presenta a Wimbledon. In settembre tenta l'avventura nell'US Open; al primo turno sconfigge in tre set Neil Borwick ma poi si ritira contro Bernd Karbacher mentre era sotto di due set per problemi alla schiena, che già da tempo lo affligevano.

    Dopo New York non disputa più nessuna partita ufficiale tuttavia lo stesso Lendl prende la decisione di ritirarsi solo dopo tre mesi dandone l'annuncio il 21 dicembre 1994. Al momento del ritiro era al 54º posto del ranking mondiale.

    Caratteristiche tecniche
    Ivan Lendl evidenziò subito una grande propensione al gioco aggressivo da fondocampo. Tony Trabert e Arthur Ashe in particolare notarono che il giovane tennista era in grado di colpire il dritto con inedita potenza. Più penetrante di quello carico di "top spin" inaugurato da Bjorn Borg, più solido del dritto piatto di Jimmy Connors, il colpo di Ivan ibridava lo stile classico degli attaccanti con quello moderno dei regolaristi, producendo un palleggio pressante anche da posizioni molto arretrate sul campo. Ampia e convessa la preparazione (faccia della racchetta chiusa, quasi parallela al suolo), schiaffo virtuale con la testa della racchetta sotto il livello del polso poco prima dell'impatto, classici il trasferimento di carico e la chiusura in alto e in avanti, sopra la spalla sinistra. Emblematica l'impugnatura, a metà tra quella più tradizionale usata ancora dalle tenniste (Evert, Navrátilová, Mandlíková) e quella di Borg. Lendl ebbe a definirla per questo una "semiwestern", ma trattavasi più propriamente di una "eastern", con la nocca del dito indice e l'eminenza ulnare del palmo perfettamente centrati sul piano verticale del manico a sezione ottagonale della racchetta. L'"insideout" di dritto, giocato da sinistra verso destra sul rovescio dell'avversario, e il lungo linea in corsa, furono da sempre le sue soluzioni vincenti per antonomasia. Più tradizionale nel gesto e nell'impugnatura (oggi si definirebbe una "continental") il rovescio a una mano, col quale Lendl alternava il "drive" (originariamente piatto) al "chip", uno "slice" bloccato particolarmente adatto nella risposta al servizio a neutralizzare la volée dell'avversario e agevolare il successivo passante. Presto imparò a liftare con un gesto più schiaffeggiato (la racchetta impugnata lievemente più in alto sul manico per una maggiore flessibilità)[5], accentuando la sbracciata e la violenza del colpo in accelerazioni e passanti, specie in lungo linea.

    « abbandonava un rovescino tagliato e velenoso per una terribile sberla liftata, che non sarebbe servita soltanto a passare, ma anche ad attaccare. »
    (Gianni Clerici)

    Il servizio si distingueva per un lancio di palla molto alto, complementare al gesto ampio e diligente. Piatta e violenta la prima, più lavorata la seconda. Dotato d'un fisico longilineo e imponente, Lendl ne ottimizzò le potenzialità con allenamenti intensi e meticolosi, supplendo a un difetto di rapidità negli spostamenti con una perfetta coordinazione nella falcata, eccezionalmente lunga, e sfruttando le sue leve in drammatici allunghi. Più impacciato sotto rete, sostenuto da riflessi non superlativi e da una tecnica scolastica. Questo e l'irregolarità della superficie che rendeva meno confortevoli i suoi colpi a rimbalzo, contribuì a negargli l'agognata vittoria nel torneo londinese di Wimbledon, insieme forse a un carattere nervoso già denunciato e poi superato in altre prove dello Slam.

    Grande Slam
    Vinte (8)
    Uomini & Donne dello Sport! Ivan_l11

    Sconfitte (11)Uomini & Donne dello Sport! Ivan_l12
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mer Mar 30, 2016 9:02 am

    THE ULTIMATE WARRIOR
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    Warrior, nato James Brian Hellwig e famoso con il ring name The Ultimate Warrior (Crawfordsville, 16 giugno 1959 – Scottsdale, 8 aprile 2014), è stato un wrestler statunitense.

    Era noto per le sue apparizioni nella World Wrestling Federation (WWF) dal 1987 al 1991 e di nuovo nel 1992 e 1996, nonché nella World Championship Wrestling (WCW) nel 1998.

    Durante la sua permanenza nella WWF è stato un due volte Intercontinental Champion e ha vinto il WWF Championship sconfiggendo Hulk Hogan nel main event di WrestleMania VI, diventando l'unico wrestler nella storia della compagnia a detenere sia il WWF Championship che l'Intercontinental Championship allo stesso tempo. Nel 1993, Hellwig ha cambiato legalmente il suo nome in "Warrior", che è anche il cognome di sua moglie e delle sue figlie. Warrior si è ritirato dal wrestling nel 1998, ma ha disputato un ultimo match in Spagna nel 2008.

    È deceduto l'8 aprile 2014 all'età di 54 anni. Nel corso dei tre giorni precedenti alla morte era stato inserito nella WWE Hall of Fame, era apparso a WrestleMania XXX e il 7 aprile fece la sua ultima apparizione pubblica a Raw.

    Biografia
    I primi anni
    Nato col nome di James Brian Hellwig, primo di cinque figli. Il padre di Hellwig abbandonò la famiglia quando lui era ancora piccolo, cosa che generò in lui un forte contrasto verso il padre stesso, che proseguirà per il resto della sua vita, con anni di totale rottura (come i cinque precedenti alla malattia e conseguente morte del genitore, avvenuta nel 1996, occasione che portò ad un breve riavvicinamento tra i due).

    Cresciuto assieme a quattro fratelli dalla madre, si rivelò un ottimo studente e praticò football americano. Proprio su consiglio del suo allenatore, che lo invitò ad incrementare la massa muscolare, si avvicinò al culturismo, ambiente dove ricevette la prima proposta di partecipare a un incontro di wrestling.

    Carriera
    World Class Championship Wrestling (1986–1987)
    Con il semplice nome di Jim Hellwig, nel 1985 formò, assieme a Steve "Flash" Borden (il futuro Sting), Glory e Commando, il Power Team USA. Fu Red Bastein, ex campione della WWWF e della AWA, a scoprirlo e a scommettere su di lui. Hellwig e Borden si rivelarono i più talentuosi del team e, insieme, andarono a combattere a Memphis in coppia, chiamandosi "Freedom Fighters". La paga era di 25-30 dollari a serata, sufficiente solo a coprire il costo di ogni viaggio.

    Hellwig cominciò quindi a farsi chiamare "Rock". Il successo vero lo ottennero quando iniziarono a farsi chiamare "The Blade Runners", come il film di Scott del quale entrambi fecero da comparse [senza fonte]. Non vennero tuttavia salutati con simpatia dai veterani del ring e furono accusati di sapersi solo iniettare steroidi nelle vene. La coppia andò quindi a lottare nella regione Mid-South, grazie anche alla collaborazione di Eddie Gilbert. Debuttarono, come Blade Runners, sconfiggendo gli avversari in 28 secondi. Rock e Flash (successivamente Sting) parteciparono il 30 maggio 1986 al torneo di assegnazione del primo titolo UWF, ma Hellwig perse al primo turno contro Ted DiBiase e Sting venne eliminato, sempre al primo turno, da Kamala. Il torneo venne vinto da Terry Gordy. Sting continuò a lottare in coppia con Rick Steiner, mentre Hellwig passò alla World Class (WCCW) di Fritz Von Erich, sotto il nome di Dingo Warrior.

    Fu nella World Class che cominciarono a delinearsi le caratteristiche del futuro Ultimate Warrior. Cominciò a farsi chiamare Dingo Warrior, diventando un babyface, cosa avvenuta in un six-men tag match, quando Dingo venne tradito dai suoi compagni. Dingo Warrior, in seguito, in coppia con Lance Von Erich, diventò campione di coppia battendo Buzz Sawyer e Matt Borne il 17 novembre 1986, ma persero le cinture poco dopo. Dingo Warrior, come singolo, successivamente diventò il nuovo campione del Texas. Mantenne il titolo per quattro mesi, per poi perderlo contro Al Perez.

    World Wrestling Federation (1987–1991)
    Gli inizi (1987–1988)
    Jim Hellwig ricevette una chiamata dalla New Japan per combattere una serie di match contro una stella emergente dell'epoca, Vader, ma allo stesso tempo Vince McMahon si accorse del suo talento e gli fece firmare un contratto a gettone per la seconda metà del 1987. Approdato alla WWF, venne fuori il problema relativo al nome del suo personaggio: alla compagnia erano infatti già presenti i Road Warriors e Texas Tornado (che si faceva chiamare Modern Day Warrior); nel girare il promo d'esordio, James Hellwig fece capire di essere un "guerriero" particolare, diverso dagli altri lottatori che portavano quel nome, infatti affermò: "I'm not this warrior, I'm not that warrior, I am the ultimate warrior!". L'affermazione piacque a Vince McMahon, che optò proprio per quel nome. Da allora, per tutto il periodo in cui militerà nella compagnia di Stamford, egli sarà solo e soltanto The Ultimate Warrior.

    Il suo stile di lotta si caratterizzava esclusivamente da power moves, allo scopo di mettere in evidenzia la sua forza bruta; egli inoltre si distingueva per la sua entrata, che lo vedeva giungere sul ring correndo e scuotendo le corde.

    Intercontinental Champion (1988–1990)
    Nel gennaio del 1988 partecipò alla primissima edizione della Royal Rumble, composta da 20 combattenti a eliminazione; l'atleta venne eliminato da Dino Bravo e da One Man Gang. La prima faida di rilievo per Warrior fu con Hercules Hernandez, contro il quale combatté a WrestleMania IV il 27 marzo 1988: Warrior vinse rovesciando la Full Nelson di Hercules in un pin vincente. Si affrontarono anche in Italia, nella primavera dello stesso anno a Milano in occasione della European Tour della WWE; il risultato di quel match fu un doppio count-out.

    Dopo la vittoria a WrestleMania, la sua popolarità cominciò a crescere e la vittoria in un "Weasel Suit Match" contro Bobby "The Brain" Heenan in occasione del Wrestle Fest di Milwaukee contribuì a renderlo sempre più presente nel cuore dei fan. Ormai era una delle prime stelle della federazione e divenne il primo sfidante del titolo Intercontinentale di Honky Tonk Man (il cui manager era Jimmy Hart, detto "The Mouth of the South" - la bocca del sud). Infatti Brutus "The Barber" Beefcake, una settimana prima di SummerSlam 1988 (tenutosi il 29 agosto), secondo la storyline venne infortunato da "Outlaw" Ron Bass durante una puntata di Wrestling Challenge (in realtà era reduce da un grave incidente di sci nautico), e Warrior diventò l'avversario misterioso di Honky Tonk Man. Al Madison Square Garden bastarono 31 secondi a Warrior per schienare Honky Tonk e diventare il nuovo campione, ponendo fine al più lungo regno di campione Intercontinentale della federazione, record tuttora imbattuto.

    Dopo alcune difese del titolo vittoriose contro l'ex campione Honky Tonk Man, "Ravishing" Rick Rude (capeggiato da Bobby "The Brain" Heenan) venne nominato primo sfidante.Rude, che allora si vantava di avere il più bel fisico della WWE, decise di sfidare Warrior alla Royal Rumble 1989, in gennaio, in un Super Pose Down contest. La sfida venne vinta dal Guerriero, anche per il grande favore del pubblico nei suoi confronti. A WrestleMania V, il 2 aprile 1989, si svolse infine l'atteso match: dopo nove minuti Warrior si trovò nella condizione di chiudere la contesa, ma mentre stava per eseguire un suplex a cavallo delle corde per riportare Rude dentro il ring, Heenan colse l'occasione e lo sgambettò, permettendo al suo cliente di eseguire il pin vincente e di vincere l'ambito titolo intercontinentale.

    Divenuto nuovamente sfidante, Ultimate Warrior si trovò a fronteggiare un nemico in più: Rude allora godeva infatti della protezione di André the Giant, che già in precedenza aveva attaccato Warrior durante alcuni match.

    La rivincita ebbe luogo a SummerSlam, Rude mise in seria difficoltà il guerriero, ma commise un grave errore, quello di distrarsi per concentrarsi su "Rowdy" Roddy Piper, che era a bordo ring. Warrior ne approfittò e divenne nuovamente campione Intercontinentale per la seconda volta. Nuovo sfidante venne nominato André the Giant e per il gigante francese questo fu l'ultimo feud della sua carriera come lottatore singolo. Questo feud segnò un altro punto importante nella carriera in ascesa di Warrior, in quanto egli riuscì ad effettuare un bodyslam su Andrè, impresa riuscita in passato solo a pochi wrestler, incluso Hulk Hogan, durante il loro match storico a WrestleMania III il 29 marzo 1987. Gli incontri tra i due vennero vinti tutti da The Ultimate Warrior, quasi tutti per schienamento nel giro di pochi secondi, e si disputarono principalmente durante house show di minore rilievo.

    WWF Champion (1990–1991)
    Intorno alla fine del 1989, Warrior si trovò a combattere il duo Dino Bravo - Earthquake, capeggiato da Jimmy Hart. In un match di questi Warrior, trovandosi in seria difficoltà contro Earthquake, venne aiutato da Hulk Hogan. Pochi giorni dopo fu Warrior a restituire il favore all'Hulkster, ma questi, come aveva fatto il guerriero, dimostrò apertamente di non gradire l'aiuto dell'amico-rivale. Comunque, nel tentativo di superare queste divergenze, Warrior venne invitato da Hogan a sfidare in un Tag Match Mr. Perfect e "The Genius" Lanny Poffo, in occasione di un Saturday Night's Main Event. Lì però i problemi e la rivalità tra i due riemersero: con Hulk a bordo ring, Warrior stese i due avversari con una double-clothesline e mentre Hulk si avvicinò al compagno per congratularsi, Warrior colpì inavvertitamente Hogan con un'altra clothesline. Hulk però, un mese prima, alla Royal Rumble 1990, aveva fatto altrettanto eliminando involontariamente il Guerriero.

    Vince McMahon si convinse di aver trovato in lui il degno erede di Hulk Hogan. Warrior, insomma, sarebbe dovuto diventare l'icona WWF degli anni novanta. Decise quindi di concedergli un title shot, ma l'avvenimento e le circostanze volevano che il passaggio di consegne tra i due beniamini avvenisse in maniera solenne: WrestleMania VI era alle porte e l'incontro fu memorabile per l'atmosfera creatasi allo Skydome, col pubblico diviso in due fazioni, gli Hulkamaniacs e i Warriors.

    A quella che venne chiamata "The Ultimate Challenge", l'ultima sfida, assistettero 67678 spettatori. 22 minuti e 53 secondi, 3 conteggi non segnalati, con entrambi i wrestler a fallire le loro finisher, entrambi una volta KO. Il finale fu emozionante: pugno in testa di Hogan a Warrior, un secondo, un terzo, big boot, legdrop che Warrior evitò per poi eseguire il suo big splash, conteggio e Warrior nuovo WWF Champion. Hulk Hogan consegnò di propria iniziativa la cintura al Guerriero, sancendo ufficialmente il passaggio della "torcia". Il guerriero diventò il primo wrestler a detenere sia il titolo mondiale sia il titolo intercontinentale, sebbene quest'ultimo gli venne tolto il giorno dopo.

    La prima difesa del titolo avvenne in Giappone il 13 aprile in occasione del Wrestling Summit contro Ted DiBiase. Negli States, invece, Warrior sconfisse in sequenza Haku, Earthquake, Mr. Perfect (che era diventato il nuovo campione intercontinentale), Rick Martel, Dino Bravo e Akeem. Successivamente, venne sfidato da "Ravishing" Rick Rude, l'unico che poteva vantarsi di aver sconfitto (seppure non in maniera pulita) il Guerriero nella WWF. Il culmine della seconda faida tra i due si ebbe nel Cage Match a SummerSlam, dove Warrior riuscì a sconfiggere l'odiato rivale. Sconfitto definitivamente Rick Rude, Randy Savage, divenuto tra l'altro Macho King (in quanto vincitore del King of the Ring), divenne il nuovo primo sfidante. Il primo incontro si svolse in un House Show in ottobre e Savage venne umiliato e sconfitto in 40 secondi. In quella circostanza, per la prima e unica volta, Warrior si presentò sul ring senza la sua maschera dipinta in volto.

    In seguito, durante un match tra Warrior e DiBiase, Savage e Sherri attaccarono il guerriero, al quale ripetutamente venne chiesta una nuova opportunità, che però Warrior non concesse. Intanto Sgt. Slaughter, che proprio in quei giorni tradì la patria schierandosi con l'Iraq, venne nominato primo contendente per il titolo e il 19 gennaio, a Miami in Florida, in occasione della Royal Rumble, sfidò e sconfisse Warrior, grazie all'interferenza di Macho King e di Sherri.

    Varie faide e abbandono (1991)
    A WrestleMania VII The Ultimate Warrior si trovò a dover combattere contro Randy Savage in un "career ending match".
    Warrior vinse il match in maniera trionfale con un piede sopra il petto di Macho Man, ponendo (momentaneamente) fine alla carriera di Savage.

    Subito dopo WrestleMania, Warrior accettò la sfida postagli da Undertaker, che tra l'altro in un famoso Funeral Parlour chiuse il guerriero in una bara. Warrior uscì in tutti gli incontri vittorioso per pin o per DQ, ma subì il tradimento dell'amico Jake the Snake Roberts, che si alleò con il becchino.

    A SummerSlam, Warrior fece coppia con Hulk Hogan contro Sgt. Slaughter, Colonel Mustafa e Gen. Adnan, con Sid Justice (da poco entrato in federazione) arbitro speciale. Al termine del vittorioso match, Warrior e Hogan avrebbero dovuto posare nel ring per i fan insieme con Sid Justice. Warrior, invece, se ne andò negli spogliatoi sparendo letteralmente dalla scena.

    Il 10 luglio 1991, Warrior inviò una lettera a Vince McMahon chiedendo un nuovo contratto, in particolare 550 000 dollari per l'esibizione a WrestleMania VII nonché un numero garantito di giorni lavorativi, le sistemazioni di viaggio e una maggiore percentuale sulle vendite del merchandising.

    Ultimate Warrior, nella missiva, sottolineava che i 550,000 dollari "non erano neanche la cifra giusta" e che "(Warrior) significava tanto o di più per lo spettacolo di Hulk Hogan." Warrior concluse la lettera dicendo che in caso di mancato accoglimento delle sue richieste non avrebbe partecipato agli show della WWF.

    La WWF rispose il 13 luglio 1991, accettando di corrispondere la cifra di 550 mila dollari per WrestleMania VII, assicurando che Warrior avrebbe ricevuto un tasso di royalty più alto e sottolineando che nessun altro wrester della WWF sarebbe stato pagato più di lui. Vince McMahon concluse personalmente la lettera dicendo: "Vorrei esprimere il mio più vivo apprezzamento e ammirazione per te come professionista, come membro della famiglia WWF, come uomo e come mio amico".

    Tuttavia, subito dopo la fine del ppv SummerSlam, la WWF consegnò a mano a Warrior una lettera, datata appunto 26 agosto 1991, giorno del pay-per-view, nella quale era prevista la sospensione di Warrior con effetto immediato. Tra le altre cose, Vince McMahon scrisse: "tu ci hai minacciato di 'stare a casa' e quindi avresti disertato anche il prossimo pay-per-view SummerSlam. Non ho avuto altra scelta che aderire alle tue richieste esorbitanti. Questo è stato un grave errore da parte tua".

    Vince McMahon, nel processo che si sarebbe tenuto tra le parti da li a pochi anni, in seguito testimoniò che l'unico motivo per cui l'azienda aveva accettato il contratto era "accondiscendere alle sue richieste temporaneamente" al fine di garantire che Warrior avrebbe partecipato al PPV SummerSlam.

    Dopo aver ricevuto la lettera, il Guerriero rifiutò la sospensione e lasciò la WWF. Warrior formalmente inviò una lettera di dimissioni alla WWF nell'ottobre 1991, ma la stessa rifiutò di accettarle dato che Ultimate Warrior era ancora sotto contratto fino al settembre 1992.

    Ritorno alla WWF (1992)
    Con Hulk Hogan in procinto di lasciare la WWF tra la metà del 1993 e l'inizio del 1994, Vince McMahon contattò il Guerriero per tornare nella federazione. Il ritorno avvenne a WrestleMania VIII, quando Warrior fece il suo rientro per salvare Hulk Hogan da un attacco di Sid Justice e Papa Shango. I due più amati dai fan poterono festeggiare insieme, tra grida e fuochi d'artificio.

    Proprio contro Sid Justice si sarebbe dovuto disputare un match a Summerslam, ma Justice lasciò la federazione anzitempo per problemi contrattuali.

    Sparito Hulk dalle scene, intanto Randy Savage era tornato campione. Warrior fu nominato primo sfidante. L'incontro si tenne a SummerSlam, al Wembley Stadium di Londra. Warrior vinse il match per count-out ma non il titolo.

    Nel novembre 1992, Warrior doveva essere il tag team partner di Savage (col nome Ultimate Maniacs) per affrontare Ric Flair e Razor Ramon a Survivor Series; ma poche settimane prima dell'evento, Ultimate Warrior venne licenziato dalla WWF.

    Il piano iniziale per il ritorno del guerriero nel 1992 era quello di dargli un'altra vittoria del titolo assoluto. Tuttavia, il suo ritorno è coinciso con un giro di vite del governo sugli steroidi nel wrestling, e Warrior fece uso di steroidi durante la sua carriera professionale nel wrestling. Nel suo libro Sex, Lies and Headlocks, il giornalista sportivo di ESPN Shaun Assael ha dichiarato che il farmacista canadese Mauro Di Pasquale riuscì a dimostrare l'utilizzo di steroidi anche da parte di Ultimate Warrior nel mese di settembre. Convinse pertanto McMahon (che era sotto il controllo federale al momento, perché accusato di fornire illegalmente steroidi ai suoi lottatori), che era conveniente per la sua società rescindere il contratto con alcuni dei suoi wrestler, tra i quali British Bulldog e appunto the Ultimate Warrior.

    Semi-ritiro e nuovo ritorno alla WWF (1992-1996)
    Tra il novembre 1992 e il luglio 1995, Warrior era un wrestler semi-ritirato. Nel 1993 girò anche un film, Fire Power, di scarso successo e fece sporadiche apparizioni nelle federazioni indipendenti.

    Intorno alla fine del 1995 Vince McMahon contattò Ultimate Warrior per proporgli di ritornare nella WWF. Warrior inizialmente declinò l'offerta, dichiarando tranquillamente che, in virtù della popolarità di cui godeva e soprattutto a causa delle altre iniziative che intanto aveva intrapreso (la Warrior University e la serie di fumetti dedicati proprio al Guerriero), avrebbe meritato un contratto particolare e non standard.

    Successivamente venne contattato da Linda McMahon, la quale con la sua abilità riuscì a raggiungere un accordo economico con Warrior, che in sostanza prevedeva che la WWF gli avrebbe concesso una percentuale sul ricavato del merchandising del suo personaggio mediante anche la promozione, da parte della Federazione stessa, dei "comic book" disegnati dallo stesso Warrior e della sua Università.

    Warrior fece pertanto il suo ritorno ad Anaheim, California, il 31 marzo 1996 in occasione di Wrestlemania XII, nella quale affrontò e sconfisse Triple H in pochissimi minuti, rimanendo impassibile anche al temuto "pedigree".

    In seguito Warrior disputò una breve faida con l'allora campione intercontinentale Goldust, ma tutti i match tra i due si conclusero per vittoria di Warrior per count-out, con esclusione del match per le qualificazioni a King of the Ring 1996 che terminò con un doppio count-out.

    Cominciò quindi un feud con Jerry Lawler, che culminò in un'altra vittoria a King of the Ring 1996. Nei vari house show Warrior umiliò prima Vader (sconfitto sei volte per pin e sei volte per count out), quindi Owen Hart e dr. Isaac Yankem (il futuro Kane).

    Nel mese di luglio del 1996 Warrior era in un feud che vedeva contrapposto il team di Jim Cornette (British Bulldog, Owen Hart e Vader) contro il campione WWF Shawn Michaels, il campione intercontinentale Ahmed Johnson e, appunto, the Ultimate Warrior.

    Solamente quattro mesi dopo il suo secondo ritorno, le strade di Warrior e della WWF tornarono a separarsi. Secondo quanto riferito dalla World Wrestling Federation nel DVD "Self Destruction of The Ultimate Warrior", Warrior non si presentò a diversi house show per i quali era stata annunciata la sua presenza. La WWF allora sospese il guerriero e impose pubblicamente a Warrior un contratto in cui si impegnava a non assentarsi più a determinati eventi pena l'immediata rescissione del contratto; Warrior, ritenendo umiliante tale trattamento, rifiutò e ciò portò alla rescissione del contratto. Il Guerriero contestò la spiegazione data da McMahon, sostenendo che la vera ragione per cui egli decise di saltare questi eventi era dovuta ad una violazione del contratto da parte dello stesso McMahon, poiché la WWF aveva venduto il merchandising del Guerriero senza dargli una percentuale come precedentemente pattuito; sostenne inoltre che durante quel periodo dovette recarsi ad assistere il padre, gravemente ammalato e che morì di lì a poco. L'ultima sua apparizione avvenne durante una puntata di Raw dove sconfisse per squalifica Owen Hart, dopo l'intervento di Vader e British Bulldog.

    Warrior, sentendosi dalla parte della ragione, intentò una causa alla WWF e a Vince McMahon al fine di ottenere il 100% dei diritti sulla proprietà del marchio "Ultimate Warrior", proprio per non incorrere più nei problemi sopra citati. Il giudice diede ragione a Warrior, che divenne l'unico proprietario dei diritti sul suo personaggio.

    World Championship Wrestling e definitivo ritiro (1998)
    Nonostante le azioni legali in corso, nel dicembre 1997 Vince McMahon ancora una volta offrì un nuovo contratto per il ritorno di Ultimate Warrior nella World Wrestling Federation. L'offerta prevedeva un contratto della durata di 5 anni a 750.000 dollari l'anno, più il 35% del merchandising ed un massimo di 14 giorni lavorativi al mese. Warrior questa volta rifiutò la proposta.

    A metà 1998 Eric Bischoff e Warrior stipularono un contratto della durata di sei mesi.

    Warrior fece la sua prima apparizione a Nitro quando Hulk Hogan, nell'accettare la sfida lanciatagli dal commissioner James Dillon, che aveva indetto per Fall Brawl un match a tre team rappresentanti WCW, NWO Hollywood e NWO Wolfpac, dove il wrestler vincente avrebbe sfidato all'Halloween Havoc il campione WCW Goldberg, affermò che non c'era nessuna guerra che non potesse vincere né tanto meno nessun guerriero che non potesse battere. Le luci si spensero e, tra rumori di scosse elettriche e col fumo che coprì interamente l'arena, Warrior debuttò nella WCW. Durante il suo monologo prese in giro sia Hogan, sia Bischoff che Disciple, annunciando una rivoluzione che avrebbe soverchiato la NWO e Hogan stesso: la OWN, One Warrior Nation (in pratica la scritta NWO al contrario).

    A Fall Brawl, nei War Games, l'apparizione di Warrior durò pochi minuti poiché nel tentativo di raggiungere Hogan fuori dalla gabbia, sfondò la recinzione e cadendo si procurò uno strappo al tricipite destro. Malgrado i dottori gli prescrissero riposo assoluto per due mesi per dare tempo sufficiente al suo braccio di guarire, il Guerriero iniziò la rieducazione immediatamente con esercizi fisici leggeri ogni giorno. Dato che la lesione lo rese incapace di combattere, Warrior cominciò a realizzare dei promo per fare un grosso lancio pubblicitario per il rematch dell'Halloween Havoc contro l'Hulkster. Nonostante questo, il match deluse le aspettative. Il guerriero venne sconfitto da Hogan grazie all'interferenza di Horace Hogan che colpì il Guerriero con una sedia di acciaio.

    La notte successiva, Nitro era dal vivo da Phoenix, dove Warrior viveva a suo tempo. Fece una breve apparizione alla fine dello show facendo intuire che la contesa con Hogan doveva proseguire: dopo tutto mancavano ancora due mesi allo scadere del suo contratto. Quella fu la sua ultima apparizione in un programma della WCW. In precedenza, l'unica nota da sottolineare, fu la riunificazione degli ex Blade Runners, Sting e Warrior per un match contro Hogan e Bret Hart, a 13 anni dal loro primo incontro.

    La settimana seguente, Nitro si svolgeva presso Kansas City. Warrior, come del resto tutti gli altri wrestler, ricevette un biglietto d'aereo per recarsi in quella città, ma quando il Guerriero giunse nell'edificio, si meravigliò dello stupore che avevano le persone nel vederlo, in quanto non era previsto nessun angle nel quale apparire. Nelle settimane successive Warrior riferì di aver cercato di contattare Eric Bischoff per ben sedici volte, ma Bischoff non richiamò mai il Guerriero, il quale ricevette dunque il compenso per i due mesi finali del contratto senza più apparire in show televisivi.

    Eric Bischoff invece affermò, sempre nel DVD WWE dedicato a Warrior, che i progetti per lui erano a lunga scadenza nella WCW e che l'unico motivo per il quale il rapporto durò solo un paio di mesi a causa delle assurde pretese economiche avanzate da Warrior.

    Anni dopo Warrior affermò di aver capito che l'unico motivo per il quale era stato contattato dalla WCW era per concedere una rivincita ad Hulk Hogan che gli aveva concesso il job nel famoso match di otto anni prima e a rivincita avvenuta, in pratica non vi erano altre ragioni per tenere Warrior negli schermi della WCW. Warrior annunciò il suo definitivo ritiro dal wrestling sul finire del 1998.

    Nu-Wrestling Evolution (2008)
    Nell'aprile 2008, Warrior è apparso in uno show della NWE a Madrid e ha attaccato Orlando Jordan, colpevole di aver importunato un fan di Warrior. Questi, in seguito, ha affermato che tornerà sul ring per sfidare Jordan sempre in uno show NWE per il NWE World Heavyweight Championship.

    Il 25 giugno 2008, Warrior tornò sul ring dopo dieci anni di assenza e ha vinto il NWE World Heavyweight Championship ma lo ha reso immediatamente vacante.

    Ritorno alla WWE, Hall of Fame e morte
    Il 15 luglio 2013, Warrior è stato parte del trailer del videogioco WWE 2K14 e ha rivelato che era nel roster come un bonus pre-ordine.

    Il 5 aprile 2014, è stato inserito nella classe del 2014 della WWE Hall of Fame. Il giorno dopo, Warrior è apparso a WrestleMania XXX, e la notte seguente, il 7 aprile ha pronunciato un promo a Raw, nella sua prima apparizione nello show dal 1996.

    Durante quella che si rivelò essere la sua ultima apparizione a Raw, Warrior ha tenuto un discorso ai tifosi e ai wrestler del passato e del presente come il suo personaggio di Ultimate Warrior. Durante il discorso, ha detto:

    « Nessun talento della WWE diventa leggenda da solo. Il cuore di ogni uomo un giorno batterà il suo ultimo battito, i suoi polmoni esaleranno l’ultimo respiro. E se quello che l’uomo ha fatto nella sua vita, fa pulsare il sangue nelle vene di altri uomini e gli fa credere profondamente in qualcosa di più grande della vita stessa, allora la sua essenza, il suo spirito saranno resi immortali dai narratori, dalla fedeltà, dalla memoria di coloro che lo onorano e fanno vivere per sempre ciò che l’uomo ha fatto nella sua vita. Voi siete quelli che hanno reso l’Ultimate Warrior leggenda. Nel backstage ho visto molte potenziali leggende. Alcune di quelle con lo spirito guerriero. Voi farete lo stesso con loro. Deciderete se hanno vissuto con passione e intensità, tanto quanto serve per farvi raccontare le loro storie e farli diventare leggende. Io sono Ultimate Warrior, voi siete i fan di Ultimate Warrior. Lo spirito di Ultimate Warrior vivrà in eterno »
    (The Ultimate Warrior)

    Morì meno di un giorno dopo a causa di un attacco cardiaco.

    Vita privata
    Warrior ha sposato Shari Lynn Tyree il 2 ottobre 1982. La coppia si incontrò a Dallas, in Texas presso la famosa Million Dollar Saloon strip club dove Shari stava lavorando al momento. Rimasero insieme per la maggior parte della carriera di Warrior WWF prima di divorziare il 22 marzo 1991, due giorni prima di WrestleMania VII. Warrior si è sposato per la seconda volta con Dana Viale il 31 gennaio 1999. Ebbero due figlie.

    Voci sulla sua morte
    Nel 1992 Warrior ritornò in WWF a WrestleMania VIII dopo circa otto mesi d'assenza dalle scene (la sua ultima apparizione era stata a SummerSlam 1991). A causa del drastico cambio d'immagine (meno massa muscolare, e capelli più corti e biondi), iniziarono a circolare voci tra i fan che il nuovo Ultimate Warrior fosse un altro lottatore ad interpretare il ruolo, una sorta di impostore, e non il vero Warrior. Alcuni ipotizzarono che Warrior fosse morto a causa di un collasso del fegato dovuto all'abuso di steroidi o dello scoppio di una vena del braccio che avrebbe bloccato la circolazione sanguigna.

    Cause giudiziarie
    Nel 1993, Hellwig ha cambiato legalmente il suo nome in Warrior. Questo nome compare su tutti i documenti legali relativi alla sua vita e i suoi stessi figli hanno Warrior come loro cognome legale.

    Warrior e la WWE hanno avuto una serie di cause e azioni legali, nel 1996 e nel 1998, in cui entrambe le parti affermavano di possedere i diritti di copyright sul personaggio e sui nomi "Warrior" e "Ultimate Warrior": la corte ha infine stabilito che Warrior era legalmente autorizzato a usare trucco, costumi, disegni, warpaint e caratteristiche generali del personaggio di Ultimate Warrior.

    Il 27 settembre 2005, la WWE ha pubblicato un DVD incentrato sulla carriera di Warrior e intitolato "The Self-Destruction of the Ultimate Warrior". Il reportage si caratterizza per i commenti di wrestler della WWE del passato e del presente, la maggior parte dei quali poco lusinghieri: Triple H, ad esempio, affermò che la sua sconfitta contro Warrior a Wrestlemania XII lo aveva lasciato con sentimenti contrastanti, dicendo inoltre che il guerriero per lui è stato una delle persone meno professionali con le quali abbia mai lavorato. Nel gennaio 2006, proprio in seguito ad affermazioni di questo genere, Warrior ha presentato una querela contro la WWE per diffamazione, respinta poi il 18 settembre 2009.

    Conferenziere
    Terminata la carriera di wrestler, Warrior ha avuto una breve carriera da speaker e conferenziere. Nei suoi discorsi, che spaziano dalla politica all'attualità e al costume, Warrior criticava aspramente le associazioni (politiche e non) di sinistra, accostando il suo pensiero a quello della destra cristiana americana. In questo periodo, Warrior ha ricevuto aspre critiche a causa di alcune sue dichiarazioni ritenute offensive nei confronti delle persone omosessuali.

    Nell'aprile 2006, il sito della World Wrestling Enterteinment ha aperto un sondaggio per individuare quale wrestler fosse per i fan il più meritevole di entrare nella Hall of Fame. Il Guerriero è risultato di gran lunga il più votato. A questo riguardo, Ultimate Warrior ha rinunciato alla sua introduzione nella Hall of Fame del 2012.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da annika Sab Ago 05, 2017 8:55 pm

    Gretel Bergmann

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    Gretel Bergmann, all'anagrafe Margaret Bergmann e dopo aver contratto matrimonio Gretel Bergmann-Lambert (Laupheim, 12 aprile 1914 – Queens, 25 luglio 2017), è stata un'altista e pesista tedesca.

    Grazie a forti pressioni internazionali, fu una delle poche atlete ebree tedesche prese in considerazione per la partecipazione ai Giochi della XI Olimpiade, organizzati dalla Germania nazista.

    Primi anni

    Margaret Bergmann, detta Gretel, nacque il 12 aprile 1914 a Laupheim, un piccolo comune del sud della Germania, da una famiglia ebrea rispettata e benestante[4], che si stabilì nella zona sin dal 1870[5]. Sin da giovanissima venne iniziata a diverse discipline sportive, quali la corsa, il nuoto, il tennis e lo sci e già a dieci anni iniziò a gareggiare ottenendo risultati incoraggianti per il prosieguo della sua carriera sportiva[5]. Nel 1930 entrò a far parte dell'associazione sportiva di calcio Ulmer FV 1894. Qui, grazie ad un buon reparto di atletica leggera, riuscì ad ottenere i primi successi. L'anno successivo, nel 1931, presenziò ai Campionati della Germania meridionale, dove stabilì un record saltando 1,51 metri[5].

    A diciannove anni Gretel si trovò dinanzi ad un avvenimento che rappresenterà il bivio tanto per la propria vita, quanto per la sua carriera sportiva. Nel 1932, difatti, avvenne l'ascesa del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, che di lì a poco portò ad un rapido deterioramento delle condizioni sociali degli ebrei. Per Gretel, tuttavia, l'incubo si materializzò soltanto un anno dopo, quando nel 1933, con l'avvento delle leggi razziali, lo stesso allenatore del club ove era iscritta e si allenava, le comunicò che non era più ospite gradito in quanto ebrea. Basti pensare che, come ricordò in seguito la stessa Gretel, sull'entrata del club in questione, venne apposto un cartello che riportava la scritta "Ingresso vietato a cani ed ebrei"[6]. Come se non bastasse, per via della sua condizione, le venne anche negato l'accesso al Collegio tedesco per la ginnastica a Berlino.

    Il padre Edwin, così come tutta la famiglia, preoccupato per il futuro sportivo di una giovane tanto promettente, approfittò nel 1934 di un viaggio di lavoro, per iscriverla presso il Politecnico di Londra. Qui la Bergmann, all'epoca diciannovenne, venne accettata dal circolo di atletica in breve e poté così proseguire il proprio percorso sportivo. Nel 1935, infatti, l'atleta partecipò e vinse il Campionato di Inghilterra, dove fermò l'asticella all'altezza di 1,55 metri.

    Olimpiadi del '36

    Nel 1931 il Comitato Olimpico Internazionale, ignaro degli avvenimenti che avrebbero portato alla rapida trasformazione della democrazia tedesca in un regime totalitario, decise che le Olimpiadi del 1936 si sarebbero tenute in Germania.

    Così il 1936 fu l'anno dei Giochi della XI Olimpiade, organizzati proprio dal Terzo Reich. L'occasione fu ghiotta, tanto per il regime tedesco che aveva l'occasione di battere sportivamente gli Stati Uniti, quanto per la stessa Bergmann, la quale poteva finalmente affermarsi come saltatrice di fama mondiale. Tuttavia, l'eco dei clamorosi successi inglesi di Gretel giunse rapidamente sino a Berlino, dove le autorità naziste iniziarono a preoccuparsi della situazione che andava man mano creandosi, nonché della fama che l'atleta ebrea andava conquistando.

    Difatti, già da tempo, la Germania nazista riceveva pressioni affinché gli atleti ebrei prendessero parte ai Giochi Olimpici di Berlino. L'avvenimento della vittoria di Gretel fuori patria fu una da cassa di risonanza alla situazione e quindi tanto il CIO quanto gli Stati Uniti minacciarono boicottaggi nell'eventualità di un'estromissione degli atleti ebrei da parte del regime tedesco. I tedeschi, pertanto, preoccupati dalla possibilità di un'assenza della rappresentativa americana ai Giochi Olimpici di Berlino che avrebbero decretato il flop della manifestazione, decisero di farle fare ritorno in Germania. Per convincerla le promisero la partecipazione ai giochi stessi, ma al contempo la minacciarono di rappresaglie verso la famiglia, rimasta in patria, in caso di mancato ritorno.

    La Bergmann in un primo momento pensò di non fare ritorno[6], ma in seguito, su consiglio del padre recatosi in Inghilterra, cambiò idea, ed una volta arrivata, cominciò ad allenarsi molto duramente. Le autorità tedesche, tuttavia, le impedirono di allenarsi insieme alle altre atlete facenti parte della squadra olimpica femminile di salto in alto, aspetto questo che penalizzò molto l'atleta privata di qualsiasi punto di riferimento e paragone. La preoccupazione però si accrebbe quando, il 30 giugno 1936, un mese prima della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Berlino, Gretel eguagliò il record tedesco di salto in alto detenuto da Elfriede Kaun, fermo a 1,60 metri:
    « Ricordo le bandiere con la svastica, i saluti romani. E la rabbia enorme che avevo dentro. Era però proprio in quelle situazioni che riuscivo a dare il meglio di me stessa. E saltai come non avevo mai fatto in vita mia.[7] »
    (Gretel Bergmann)

    La strada per la partecipazione alla competizione dovrebbe ormai essere spianata, ma Gretel, preoccupata di ritorsioni verso sé e verso la sua famiglia, non riesce più a saltare in maniera soddisfacente. Le autorità tedesche, tuttavia, attendono sino al 16 luglio, quando ormai la squadra olimpica americana è già partita alla volta dell'Europa. Riceve una lettera da parte del Comitato Olimpico tedesco, ove le viene comunicata la decisione di non farle prendere parte alla competizione internazionale in virtù degli scarsi risultati ottenuti:
    « Cara signorina Bergmann, ci dispiace comunicarle la sua esclusione dall'Olimpiade. Lei non è stata abbastanza brava e non può dunque garantire risultati. Heil Hitler![8] »
    (Testo della lettera)

    Ad aggiungersi al danno anche la beffa: il regime, infatti, donò dei biglietti per dei posti in piedi alla Bergmann affinché assistesse alle competizioni come una qualsiasi spettatrice.

    Intanto Adolf Hitler, bramoso di battere la corazzata americana decise di sostituirla con un'atleta simpatizzante per il nazionalsocialismo e appartenente alla cosiddetta razza ariana, Dora Ratjen, la quale si piazzò solamente quarta con la misura di 1.58 metri[9]. Tale risultato fu un vero fiasco soprattutto se si pensa che anni dopo, l'atleta in questione si scoprì essere in realtà un uomo, tale Hermann Ratjen.

    Anni dopo la Bergmann ha avuto parole di compianto per Ratjen, considerandola al pari di sé stessa un'altra delle vittime del nazionalsocialismo. Tuttavia Gretel dichiarò che, seppure i modi molto discreti della Ratjen avessero destato dei sospetti, mai aveva pensato che dietro la maschera da donna, si celasse un uomo.

    Il dopo Olimpiadi
    La Bergmann, delusa per non aver potuto dimostrare il proprio valore sul campo, più che per non aver potuto rappresentare la Germania, nel maggio del 1937 decise di trasferirsi negli Stati Uniti con solo 4 dollari in tasca, stabilendosi nel Queens a New York. Qui comincia a guadagnarsi da vivere con lavori occasionali. Nello stesso anno sposa un medico, oggi in pensione, Bruno Lambert, conosciuto durante la preparazione alle Olimpiadi appena svoltesi e che l'aveva aiutata finanziariamente a trasferirsi dalla Germania nazista. D'ora in avanti prenderà il nome di Margaret Bergmann-Lambert. Sempre nel 1937 riesce a vincere i campionati di salto in alto e quelli di getto del peso, ripetendosi nel 1938 per quanto concerne il salto in alto. Tuttavia con lo scoppiò della Seconda guerra mondiale, Gretel dichiara conclusa la sua carriera sportiva. Nel 1942 acquisisce la cittadinanza americana.

    Storia recente
    Lapide commemorativa dedicata a Gretel Bergmann.

    Nell'agosto del 1995, su iniziativa della federazione sportiva tedesca, le viene intitolato uno stadio, il Gretel Bergmann Sports Arena, ubicato nel quartiere di Berlino Wilmersdorf. L'ex atleta, ormai ottantunenne, decise di non prendere parte alla cerimonia inaugurale, per mantenere fede alla promessa di non mettere più piede in Germania. Nel 1996, tuttavia, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Atlanta, fu ospite d'onore del Comitato sportivo tedesco. Nel 1999 le vengono intitolate altre strutture sportive tedesche. Questa volta, memore anche del trattamento ricevuto durante i Giochi Olimpici di Atlanta, decide di accettare e prendere, così, parte alle cerimonie previste. In seguito dichiarò:
    (EN)

    « ...but when I was told that they were naming the facilities for me so that when young people ask, Who was Gretel Bergmann? they will be told my story, and the story of those times. I felt it was important to remember, and so I agreed to return to the place I swore I'd never go again. »
    (IT)

    « ...ma quando mi fu detto che avrebbero nominato le strutture con il mio nome ho pensato che i giovani si sarebbero chiesti Chi è stata Gretel Bergmann? e avrebbero saputo la mia storia e quella di quei tempi. Io penso sia importante ricordare e così ho deciso di tornare nei posti dove avevo promesso che non sarei più tornata. »
    (Gretel Bergmann)

    In tale occasione la Bergmann, per poter parlare con il pubblico tedesco, ebbe bisogno di un interprete poiché, sempre per far fede ad una promessa fatta a se stessa anni prima, aveva completamente dimenticato la natia lingua.

    Il 23 novembre 2009, a distanza di ben 73 anni, il record nazionale di salto in alto femminile, stabilito nel 1936 dalla Bergmann e che il regime nazista si era rifiutato di omologare, è stato ufficialmente riconosciuto:
    « Sappiamo che non è una reale riparazione, ma almeno un atto di giustizia ed un gesto simbolico di rispetto nei confronti di Gretel Bergmann »
    (Theo Rous)
    Media
    La storia di Gretel Bergmann ha destato molto interesse da parte dei media. La HBO il 14 luglio del 2004 presenta un documentario dal titolo Hitler's Pawn – The Margaret Lambert Story. Successivamente, nel 2008, Karoline Herfurth la impersonò nel film Berlin 36 la cui storia si basa proprio sulla vita dell'atleta. La stessa Bergmann ha espresso giudizi favorevoli verso il film, ed in particolar modo per il modo in cui viene mostrato il trattamento che allora era riservato agli ebrei.wikipedia


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    Messaggio Da annika Ven Gen 26, 2018 9:31 pm

    Árpád Weisz

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    Árpád Weisz, a volte italianizzato in Arpad Veisz (Solt, 16 aprile 1896 – Auschwitz, 31 gennaio 1944), è stato un calciatore e allenatore di calcio ungherese di origine ebraica, vittima dell'Olocausto.

    Dopo una breve esperienza calcistica nel campionato italiano degli anni 1920, iniziò una brillante carriera di allenatore vincendo uno scudetto con l'Ambrosiana, ad appena trentaquattro anni, e altri due con il Bologna. In quanto ebreo fu vittima delle leggi razziali in Italia. Rifugiatosi nei Paesi Bassi, con l'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale fu rinchiuso dapprima nel Westerbork, quindi inviato in campi di lavoro e condotto infine ad Auschwitz, dove morì dentro una camera a gas.

    Biografia

    Figlio di ebrei ungheresi, Weisz fu un'ala sinistra di discreto livello:giocò per la propria nazionale, convocato anche per il torneo olimpico di Parigi 1924, ma in quest'occasione non venne mai schierato nelle due partite disputate dai magiari. Visse la sua carriera da calciatore semiprofessionista tra Ungheria, Cecoslovacchia, Italia e Uruguay.

    Come allenatore, dopo un periodo di apprendistato in Sudamerica e all'Alessandria, raggiunse la fama con la vittoria del titolo italiano, alla guida dell'Ambrosiana di Milano, nella stagione 1929-1930, la prima disputata a girone unico. Lo scudetto vinto con la squadra milanese fece di Weisz, allora trentaquattrenne, il più giovane allenatore a laurearsi campione d'Italia, record tuttora imbattuto. Nel periodo di permanenza a Milano fu inoltre lo scopritore di Giuseppe Meazza. Nel 1930 fu anche coautore, con Aldo Molinari, del manuale lI giuoco del calcio, testo all'avanguardia rispetto ai dettami "inglesi" del tempo e divenuto abbastanza famoso.

    Negli anni successivi si stabilì in Italia, allenando il Novara, con cui ottenne il secondo posto nel girone A di Serie B, e il Bari, che guidò alla salvezza nel campionato di Serie A della stagione 1931-1932, grazie anche a uno spareggio vinto contro il Brescia. Nel 1935 approdò al Bologna, squadra con la quale conquistò i campionati nazionali del 1935-1936 e 1936-1937. Coi rossoblù vinse inoltre nel 1937 a Parigi il Torneo dell'Esposizione Universale, imponendosi con un secco 4-1 sugli inglesi del Chelsea.

    In seguito alla promulgazione delle leggi razziali, istituite nel 1938 dal regime fascista al tempo al potere in Italia, Weisz dovette lasciare prima il lavoro e poi la Penisola, passando per Bardonecchia e riparando a Parigi con la moglie Elena (nota anche come Ilona Rechnitzer), anche lei ebrea-ungherese, e con i figli Roberto e Clara. Pochi mesi dopo, la famiglia Weisz si trasferì nel piccolo paese di Dordrecht, nei Paesi Bassi, dove Árpád allenò la squadra locale con eccellenti risultati: il primo anno colse un'insperata salvezza, mentre il secondo guidò il Dordrecht al quinto posto e togliendosi la soddisfazione di battere più blasonate rivali come Ajax, Feyenoord e PSV.

    In seguito all'occupazione tedesca del Paese i Weisz furono dapprima rinchiusi nel campo di transito di Westerbork. In questo luogo, dopo qualche tempo, la famiglia venne divisa: nell'ottobre 1942 la moglie e i figli vennero deportati ad Auschwitz dove, appena giunti e selezionati, troveranno la morte nelle camere a gas di Birkenau; Árpád viene invece assegnato a un campo di lavoro imprecisato dell'Alta Slesia. Weisz rimase in vita per altri quindici mesi sino a trovare, proveniente dai campi della Slesia, la morte ad Auschwitz in una camera a gas, la mattina del 31 gennaio 1944.
    Iniziative commemorative

    Di fatto dimenticato e caduto nell'oblio per quasi sessant'anni, nel 2007 il suo nome è stato riscoperto grazie al giornalista Matteo Marani, il quale ne ha ricostruito la storia nel libro Dallo scudetto ad Auschwitz. Solamente nel gennaio 2009, su iniziativa del Comune di Bologna, è arrivata la prima commemorazione ufficiale a Weisz, con l'apposizione di una targa a lui dedicata sotto la torre di Maratona dello stadio Renato Dall'Ara.

    Da qui in avanti, si sono moltiplicate le iniziative in ricordo dell'allenatore. Il 27 gennaio 2012, in occasione del Giorno della Memoria, è stata posta una targa allo stadio Giuseppe Meazza di Milano, per ricordare il tecnico del terzo scudetto nerazzurro.Il 15 gennaio 2013 gli è stato dedicato il quarto di finale di Coppa Italia tra Inter e Bologna, coi giocatori delle due squadre entrati in campo con una maglietta commemorativa. Il 28 ottobre dello stesso anno è stata apposta una targa commemorativa allo stadio Silvio Piola di Novara.Nel febbraio 2014 anche la città di Bari gli ha reso omaggio, in collaborazione con l'Associazione Nazionale Veterani dello Sport, intitolandogli una via nella zona dello stadio San Nicola.wikipedia


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